Quale cambio per Cuba?
“Cuba è un grande equivoco. Una affascinante e perversa bugia. Persino l'embargo … sembra ai giorni nostri la rappresentazione del gioco del tiro alla fune in cui nessuno dei due contendenti ha la reale intenzione di vincere e di sopraffare l'avversario. La leadership nordamericana di tanto in tanto si apre a qualche timida concessione per poi irrigidirsi nuovamente inasprendo i provvedimenti a danno dell'isola … La fragile governance cubana trova a sua volta nel cappio impostogli dai nemici imperialisti un inaspettato e solido gancio a cui sorreggersi ed alla cui stretta dolorosa demandare le cause di tutti i mali … Ognuna ha bisogno morbosamente dell'altra e le scaramucce a cui ogni tanto danno vita servono unicamente a giustificare uno stato di cose a cui crede solo uno sparuto gruppo di irriducibili politicanti imprigionato nei ricordi della guerra fredda.”
E' una parte della prefazione che ho scritto per “Mambo Tango” nell'inverno del 2014 diversi mesi prima che la notizia dei negoziati in corso per ripristinare le relazioni tra Stati Uniti d'America e Cuba cominciasse a rimbalzare per il mondo cogliendo in molti di sorpresa. Oggi, mentre scrivo, sono state riaperte le ambasciate e sono tornate a sventolare le bandiere nei paesi ex nemici (almeno è quello che ci stanno dicendo …) ed il dialogo è ripreso anche se a singhiozzo ed ancora con diverse incognite da chiarire. Questo gioco del “tiro alla fune” sembra entrato nella sua fase cruciale. Lo scenario è parzialmente mutato e si sono aggiunti, anzi hanno svelato il loro vero volto, nuovi protagonisti a questa singolare contesa. Ci sono i cubani anticastristi, per lo più residenti in Florida, che tirano la corda con veemenza contro gli hermanos residenti sull'isola rimasti fedeli all'esperienza rivoluzionaria. Ci sono yankee che strattonano con rabbia verso la propria posizione avendo come antagonisti gli stessi americani, quelli dimostratesi più morbidi con il regime di Castro e favorevoli alla riapertura del dialogo con il vecchio rivale.
Insomma … un po' tutti contro tutti e non si capisce bene a chi stia veramente a cuore l'Isola e la possibilità di un futuro prospero e di concordia nazionale. Si sono materializzati molti pretendenti alla vittoria finale che si stanno affrontando sullo scambio di accuse reciproche che altro non fanno che allontanare il giorno di questa nuova rivoluzione per il popolo cubano, per tutto il popolo cubano!
Spesso si parla di falchi e di colombe per identificare una precisa inclinazione politica. E se parlassimo senza paura di sciacalli?
Frequento Cuba dai primi anni novanta ed ho conosciuto il Paese scivolare negli anni più duri del periodo Especial ed affrontare quella profonda crisi economica e sociale come solo la sua gente poteva fare: con determinazione, dignità, coraggio e persino allegria. Ho percepito da esperienze personali fatte di incontri e chiacchierate occasionali piuttosto che da appassionate letture come tra i cubani esistano due fazioni ben radicate che hanno negli anni tracciato un solco profondo nella storia, anzi sarebbe meglio dire hanno innalzato un muro invisibile, a partire da quel gennaio del 1959 che vide l'ingresso all'Avana dei barbudos e di Fidel. Una fazione fa coincidere quella data con la fine di un sogno di democrazia, di benessere e di modernità e l'altra identifica quel periodo con l'agognata caduta di un regime militare sanguinario voluto da Batista con il conseguente affermarsi della utopia socialista divenuta poi fonte di ispirazione per molte nazioni del terzo mondo e linfa politica per diverse generazioni del vecchio. Non ho sofferto il dramma dell'esilio e la crudele separazione dai propri familiari. Sono certo si tratti di una esperienza umana orribile ed in essa va ricercata la causa principale di tanto odio e rancore. Mi limito ad esprimere alcune considerazioni personali. L'Avana ai tempi di Batista era una splendida città, meta preferita del jet set internazionale. Lo è ancora oggi anche se ferita ed impoverita dei suoi lussi. Un gioiello incastonato nelle acque delle Antille. Ma l'Avana non è Cuba e al di fuori di quel territorio divenuto porto franco per i loschi affari della mafia italo americana, con le ricchezze spropositate dei vari Meyer Lansky, Lucky Luciano ed Al Capone, il paese non progrediva di certo. Esistevano al contrario sacche di povertà impressionanti, la cultura era affare per pochi, l'assistenza sanitaria un lusso per le classi più indigenti ed il lavoro minorile era una pratica assai diffusa. Oggigiorno l'Avana ha perso molto del fascino di quegli anni restando però una città tragicamente splendida. La mortalità infantile su tutta l'isola è bassissima e c'è un buon grado di istruzione diffuso in ogni sua regione, la medicina è il fiore all'occhiello del paese caraibico anche se sono perenni le carenze nell'approvvigionamento di medicinali ed alcuni ospedali riversano in condizioni disastrose. Lo sport, la musica, l'arte in generale non hanno mai smesso di entusiasmare e di generare autentici fenomeni. C'è poi la piaga delle carceri piene di oppositori politici (la storia prima o poi ci svelerà anche queste pagine oscure), ma c'è anche un vivace risveglio religioso e sociale ed aperture fino a pochi anni fa impensabili. Il Paese cammina con i propri passi. Lenti? Può essere, ma la velocità è una cosa non sempre positiva.
Cosa accadrà allora? Se Cuba vorrà presentarsi al mondo con un volto nuovo dovrà necessariamente intervenire sulle sue infrastrutture di base. La rete stradale ad esempio è in pessime condizioni ed avrebbe bisogno di un bel restyling così come quella ferroviaria, la più antica del sud America. Ci sono edifici, forse interi quartieri, che andrebbero demoliti ed evidenti problematiche riguardano le reti fognarie e quelle destinate alla fornitura idrica ed energetica. Che poi a pensarci bene sono gli stessi problemi che abbiamo in Italia e che sono presenti in molte altri parte del mondo occidentale! Per fare tutto questo servirà della manodopera specializzata, tecnici all'altezza ed ingenti investimenti di capitale e il dubbio è: i cubani saranno protagonisti di questo rinnovamento o faranno da spettatori all'arrivo di nuovi conquistadores? Saranno in grado di sopportare un progresso che richiederà impegno duraturo, sacrifici e rinunce a cui non sono abituati? Il paesaggio di cui godono e che è l'immagine della loro stessa anima verrà stravolto o si proteggerà quel sessanta/settanta per cento di territorio considerato patrimonio mondiale della biosfera? Il mare conserverà i colori e la purezza di un mondo preistorico o verrà contaminato dallo sviluppo industriale? Vedremo sorgere Mac Donald's nei luoghi storici della rivoluzione e parchi giochi nella Valle di Viñales? E che sarà delle vecchie macchine americane, gli almendrones, che caratterizzano il paesaggio urbano di Cuba, verranno rottamate perché troppo inquinanti e rumorose? Internet sostituirà le lunghe partite a dominò?

Ma sopratutto i cubani saranno più felici?
Domande che creano inquietudine e sollevano forti dubbi a chi come me ha identificato nel tempo Cuba come un'alternativa al modello di vita che ci siamo imposti e del quale siamo ormai divenuti prigionieri.
Il mondo è triste. Sta attraversando uno dei momenti più cupi della sua millenaria storia con focolai di guerra e terrore che si allargano ovunque a macchia d'olio. Le immagini di dolore e distruzione che ogni giorno si sovrappongono ci comunicano che tutte le nostre certezze si stanno sgretolando e che se non sarà capace di cambiare rotta velocemente l'umanità si condannerà all'autodistruzione.

La strada come luogo di incontro (foto Di Crosta Franco)
I cubani vogliono un cambiamento. E' giusto sia così. Ma forse ignorano del tutto o in parte cosa c'è la fuori, al di là di quelle 90 miglia che li separano dal vecchio mondo e dalle sue contraddizioni. Non vorrei che un giorno rimpiangessero il loro mondo perduto, fatto di musica ed allegria, di giochi di bimbi nelle strade chiassose, di amori vissuti nella spensieratezza di una passeggiata sul Malecon e di quella tristezza affogata e sconfitta in un bicchiere di Ruhm.
Il mondo fuori è crudele e il risveglio da questo sonno ovattato potrebbe essere denso di incubi e preoccupazioni.


Immagini a confronto: famiglie disperate di profughi siriani che fuggono dalla guerra ed una festa popolare per le strade di Cuba. (foto dal web)
Altre immagini che parlano da sole. Stessi angeli, destini diversi. Il dramma di Alyan spezza il cuore.

Assassinato dal mondo (foto web)

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