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"Abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di vivere questa collaborazione medica, in un incontro tra popoli che sicuramente va a ridefinire la percezione che abbiamo gli uni degli altri. Questo va al di là di ogni interesse di Governo, economico o di qualsiasi altra natura. Il futuro dell’Italia siete voi giovani, come lo sono gli studenti del Politecnico ospitati nella residenza dove siamo noi. Quando hanno saputo che eravamo lì hanno tirato fuori una bandiera cubana e l’hanno esposta".
Con queste parole uno dei medici cubani ha salutato e ringraziato Torino.
Il murales è stato realizzato da diversi gruppi giovanili: Noi Restiamo, Rete dei Comunisti di Torino e Osa ed è un omaggio alla Brigade Medica Henry Reeve che ha operato in Italia sia a Crema in Lombardia che a Torino presso il Covid Hospital delle Ogr. Il murales che è stato dipinto all'interno del parco Dora del capoluogo piemontese è stato presentato durante una piccola cerimonia tenutasi il 25 maggio u.s.
Evidenti i richiami dell'opera che vanno dall'insuperato clima di ostracismo perpetrato dagli Stati Uniti ai danni di Cuba attraverso l'applicazione di un duro embargo che dura da decenni alla più romantica richiesta giunta da più parti di candidare i medici cubani al Premio Nobel per la Pace. Si è discusso molto sull'utilità della presenza di questa Brigata Medica Cubana in Italia (la prima volta di una missione in territorio europeo) e le polemiche che ne sono derivate non sono divampate solo in Italia ma anche nella stessa isola caraibica afflitta oggigiorno da una profonda crisi strutturale che abbraccia tutti i settori compreso quello sanitario da sempre ritenuto il fiore all'occhiello del Regime rivoluzionario. Ancora più aspri i giudizi che arrivano dagli USA sopratutto da parte degli esuli che accusano il governo castrista di esercitare una inqualificabile tratta di persone e una mercificazione di esseri umani. A noi semplici resta l'immagine pura del bimbo di Crema che tutti i giorni salutava i medici cubani in arrivo all'ospedale di campo, i tanti sorrisi, le lacrime sincere dell'addio tra le note di Havana de'Primera e i colori di questo murales. Gesti di fraternità. Oltre le polemiche.
Sabato 23 maggio la città di Crema ha tributato un emozionate saluto alla Brigada Henry Reeve, composta da 52 tra medici ed infermieri cubani ai quali si è aggiunta una infermiera cubana residente da 20 anni nella città lombarda, che ha collaborato per due lunghi ed estenuanti mesi con i loro omologhi italiani nella lotta contro il Covid-19.
Scenario della manifestazione è stata la splendida Piazza del Duomo. Qui il piccolo plotone di "batas blancas" in perfetta formazione militare protetti da mascherine ed in rigoroso distanziamento hanno ricevuto il saluto da parte di un caloroso pubblico e dalle più alte autorità politiche e religiose presenti in luogo tra cui il Segretario del ministero di Salute e Benessere della Lombardia Giulio Gallera, il sindaco di Crema la signora Stefania Bonaldi, l'ambasciatore di Cuba in Italia José Carlos Rodriguez, il Console Generale di Milano LLanio Gonzalez e il presidente della Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba Irma Dioli e sindaci di diversi paesi limitrofi.
Gli inni nazionali di Cuba e Italia hanno introdotto la manifestazioni durante la quale diversi oratori hanno sottolineato l'importanza della generosa collaborazione prestata dalla Brigata cubana ai medici italiani impegnati strenuamente nella lotta contro la pandemia da Covid-19. Particolarmente toccante è stato il messaggio letto dalla sindaca di Crema e che ho già riportato nell'articolo precedente.
Luis Ángel Sánchez Rodríguez, specialista in Medicina Generale e componente della brigada cubana ha rilasciato una intervista a Cubadebate raccontando di come sia stata commovente la despedida, il commiato dalla città lombarda ... "Poichè indossavano una maglietta rossa con su scritto "Me dicen Cuba" eravamo tutti facilmente riconoscibili. Così, mentre percorrevano le strade del centro cittadino per recarci alla piazza dove si sarebbe tenuta la manifestazione, una moltitudine di persone è uscita dalle proprie case e dai locali per salutarci, applaudendo il nostro passaggio. Dai bambini agli anziani. E' stato incredibile, sobrecogedor, sorprendente!
Questi in sintesi i numeri della missione cubana a Crema: più di 5.000 interventi sanitari, 3668 di infermeria e 210 in terapia intensiva effettuati nell'ospedale principale della città, in quello da campo e in una Casa di Riposo per anziani con pazienti affetti da Covid-19
Sin dall'arrivo a Crema la brigata cubana è stata circondata da affetto e gratitudine dai circa 34 mila abitanti della città lombarda, sentimenti che si sono consolidati giorno dopo giorno.
La città di Crema omaggia la Brigata medica cubana al termine della sua missione. Foto: Cremaoggi.
Ailed, una infermiera di origine cubana che da 20 anni vive a Crema che si è unita volontariamente
alla Brigata del suo Paese. Storie di amore e solidarietà. Foto: Enrique Ubieta
Il bimbo divenuto simbolo di amicizia e solidarietà . Tutti i giorni ha atteso l'arrivo dei medici cubani
salutandoli dalla propria casa. Gli è stato donato un piccolo camice da medico.
Sarà stato doloroso doversi dire addio. Foto: Enrique Ubieta
La sindaca di Crema Bonaldi saluta il capo della missione cubana. Foto: Enrique Ubieta
Leonardo ha 67 anni, già al fronte contro l'Ebola. Graciliano ne ha invece 64 di anni. I più anziani. Poi c'è Maykel, ha solo 34 anni e così ci racconta: "I rapporti tra noi sono stati meravigliosi. Non nego il fatto che inizialmente c'era un pò di timore tra i più giovani però abbiamo ricevuto dai più anziani un grande appoggio frutto della loro esperienza nelle precedenti missioni, sopratutto quella che li ha visti impegnati nella lotta contro l'ebola. Il comportamento dei più vecchi è stato uno stimolo per tutti noi e oggi siamo una sola cosa: non abbiamo nè cinque nè dieci anni di esperienza, siamo stati tutti la stessa persona, lavorando sullo stesso fronte".
Foto: Cremaoggi.
Autorità civili e religiose salutano las batas blancas Foto: Cremaoggi.
La Brigada medica cubana Henry Reeve è stata la prima nella storia a operare in Italia ed in Europa. Foto: Cremaoggi.
Foto: Cremaoggi.
Foto: Cremaoggi.
Foto: Emanuela Nichetti/Facebook.
E' lui il piccolo dottore ... quanta dolcezza in questa immagine! Foto: Emanuela Nichetti/Facebook.
Amigos para siempre! Foto: Emanuela Nichetti/Facebook.
L'Ambasciatore cubano José Carlos Rodríguez. Foto: Enrique Ubieta
El niño de los aplausos. Il bambino degli applausi. Foto: Enrique Ubieta
La sindaca di Crema, sullo sfondo Josè Martì. Foto: Enrique Ubieta
Suonano gli inni e rintoccano le campane poi gli applausi. Tanti applausi. Foto E.Ubieta
La Sindaca e l'Ambasciatore cubano in Italia. Foto: Enrique Ubieta
Me dicen Cuba! Foto: Enrique Ubieta
L'esperienza dei più anziani. Valore aggiunto. Foto: Enrique Ubieta
Veterani al fronte, con orgoglio e professionalità. Foto: Enrique Ubieta
Anche il console cubano a Milano ha partecipato alla cerimonia di commiato. Foto: Enrique Ubieta
Come da protocollo i medici cubani dovranno osservare 15 giorni di quarantena prima di poter rientrare
nel loro Paese. Oltre ad omaggi personali sono state raccolte offerte a favore dell'Ospedale pediatrico
J.M.Marque che garantisce l'assistenza a più di 400 mila tra bambini ed adolescenti cubani.
Appartenenti alla stessa Brigada Henry Reeve sono arrivati il 13 aprile altri 38 operatori sanitari che
saranno ospitati nella città di Torino. Arrivati a Torino i medici e infermieri cubani in servizio alle Ogr | per l'emergenza Coronavirus „Tra loro ci sono medici generici, epidemiologi, rianimatori,
anestesisti e infermieri specializzati in terapia intensiva. Ovviamente anche questi arrivi sono
stati salutati non solo dalla gratitudine delle persone ma anche da immancabili polemiche
che tenterò di analizzare in seguito.
Resta la magia di un incontro indimenticabile con un popolo nobile ed amico.
Come ha sottolineato più volte Papa Francesco siamo tutti sulla stessa barca ed è impensabile
continuare a credere che ognuno ce la possa fare solo con le proprie forze.
Questa triste pandemia non ci abbandoni al vuoto della speranza e della solidarietà.
Questo è il commosso saluto che ieri 23 maggio 2020 la città di Crema per voce del suo sindaco la signora Stefania Bonaldi ha rivolto alla Brigada medica cubana Henry Reeve al termine della missione che l'ha vista collaborare per circa due mesi con i medici e infermieri italiani nella difficile lotta contro il Covid19. Nostalgia e gratitudine. Amici e fratelli per sempre. Amigos y Hermanos para siempre!
“Cari amici cubani, sarò davvero breve perché, meglio delle mie parole, la nostra immensa gratitudine è già visibile nei volti delle autorità qui presenti, che ringrazio di cuore, con una particolare commozione per i colleghi sindaci e sindache e gli amministratori di Crema, che rappresentano altri volti, tanti altri volti, quelli di tutti i cremaschi, nessuno escluso, che vi stringono in un abbraccio affettuoso e sincero, ma anche pieno di nostalgia perché siamo certi che ci mancherete, proprio come dei fratelli. Lo sappiamo bene, perché noi italiani siamo stati un popolo di migranti e conosciamo i sentimenti che accompagnano i distacchi. Mancherete ma non sparirete, perché le nostre coscienze conserveranno il vostro dono e ci rinforzeranno nella convinzione che a Crema nessuno deve essere mai più straniero, da ora in poi avremo un argomento decisivo da opporre a chiunque volesse ledere o diminuire il nostro sacro dovere di ospitalità.
Ci mancherà la vostra presenza rassicurante, che in un momento di inaudita incertezza e di pericolo incombente è stata una medicina efficace. Ci mancherà ciò che silenziosamente avete rappresentato in queste settimane, a cominciare dalla certezza che il nostro pianeta può combattere e vincere le disparità, le ingiustizie e le emergenze, solo se tutti i popoli si affratellano. Arrivando qui avete detto che la vostra patria è il mondo, quindi da ora in poi sarete sempre nostri compatrioti, in questo mondo vasto e spesso maltrattato dall’assenza del valore supremo della solidarietà.
Siamo stati naufraghi e ci avete soccorso, senza domandarci il nome né la provenienza. Dopo mesi di lutti, angoscia, dubbi, ora vediamo la luce ma solo perché ci siamo stretti gli uni agli altri. Donne e uomini del nostro Sistema Sanitario lombardo, Istituzioni, governanti e amministratori di ogni livello, ci siamo stretti a voi, cari medici ed infermieri della Brigata Cubana “Henry Reeve” e con voi al vostro popolo generoso, attingendo dalla vostra competenza e dalla vostra passione l’ossigeno necessario a tenere viva la fiducia, indispensabile nella lotta. Senza di voi tutto sarebbe stato più difficile.
Nella nostra città e nel nostro Territorio in questi mesi si sono moltiplicati i gesti di solidarietà e di generosità, abbiamo visto tornare alla luce sentimenti di vicinanza che erano assopiti dall’abitudine, logorati dalla quotidianità. Questi sentimenti di umanità e fratellanza li avete alimentati anche voi, con la vostra presenza qui, discreta ma efficace, rispettosa ma determinata, pacata ma affidabile. Siete arrivati nel momento più drammatico e insieme a noi vi siete battuti per trasformare “il lamento in danza”, una danza collettiva, a riprova che le grandi battaglie non le vincono gli eroi solitari, ma le comunità, e ciò che è accaduto nella nostra terra ne è la prova, la dimostrazione. Siamo stati comunità, per questo abbiamo vinto, siamo stati, anche grazie a voi, uno schiaffo all’Individualismo, l’alleato preferito delle avversità. Siamo stati una comunità, certo, multiculturale e umanissima. Uno schieramento che non ammetteva sconfitte e infatti non abbiamo perso. Abbiamo lottato da popolo appassionato e progettuale, rifuggendo il rischio di essere folla caotica e velleitaria, mossa solo dalla paura. Siamo diventati avversari intelligenti di un patogeno assassino, ma intelligente pure lui. Con voi è stato più facile. Grazie, a nome di tutti i cittadini e le cittadine di Crema, del nostro Territorio, della Lombardia e dell’Italia intera! “
E' una notizia di questi giorni che come tante altre che circolano va letta ed interpretata con raziocinio perche creare false aspettative può essere più grave dei danni generati dall'epidemia del Covid-19. I fatti sono questi: il Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologica (CIGB) con sede all'Avana ha elaborato a metà degli anni 80 del secolo scorso un farmaco che è già stato utilizzato contro diverse malattie virali quali l'epatite B e C, l'herpes zoster, l'Hiv/aids, l'ebola e il dengue e che sta dimostrando la sua efficacia anche nel contrastare il Coronavirus. A tal proposito il Ministero di Salute Pubblica, il MINSAP, ha diffuso dei dati che rilevano come fino al 14 di aprile u.s. circa il 94 per cento dei contagiati da coronavirus presenti sull'Isola sia stato curato con l'HEBERON, nome con il quale viene commercializzato il farmaco “Interferón Alfa 2b Humano Recombinante”. L'interferone è una proteina prodotta dalle cellule del sistema immunitario degli animali vertebrati e può essere prodotto in grandi quantità anche in laboratorio. Raffinato da batteri o lieviti si chiama ricombinante ed è capace di contrastare le malattie virali. I virus infatti per loro natura indeboliscono la produzione naturale di interferone nell'organismo umano. La caratteristica di questo farmaco è appunto quella di ripristinarne una sufficiente quantità con conseguente miglioramento del sistema immunologico nei pazienti colpiti dal contagio. In questi decenni inoltre è stata sperimentata anche l'utilità dell'interferone nella lotta contro alcuni tipi di cancro. Tornando ai dati diffusi dal MINSAP si viene a conoscenza che tra i pazienti trattati con Heberon solo il 5% ha raggiunto un livello di gravità e che il tasso di mortalità tra di loro è sceso dal 2,7 % allo 0,9%. Questi dati molto soddisfacenti vanno ad aggiungersi a quelli ottenuti da analisi effettuate nella città cinese di Wuhan, l'epicentro mondiale della pandemia, dove 2.944 pazienti sono stati trattati con il farmaco cubano e 3.387 no. Bene, i pazienti ai quali è stato somministrato l'Heberon non hanno contratto il virus! Sono attualmente circa 80 i paesi in tutto il mondo interessati ad acquistare il farmaco cubano. Come dicevo ogni notizia va esaminata con le dovute cautele. A tre mesi dalla coclamazione della pandemia ricercatori di tutto il mondo sembrano aver individuato già diversi vaccini che se non possono debellare il coronavirus per lo meno sono in grado di frenarne lo sviluppo e l'aggressività. Il piccolo paese caraibico sta dando come sempre il suo contributo alla ricerca scientifica. Sarebbe bello se la risposta sanitaria a questa terribile pandemia arrivasse proprio da li.
Un senso di angoscia attanaglia le nostre giornate da quando lo spettro mortale della pandemia da Covid-19 ha invaso i nostri corpi, le nostre case e si è insinuato nelle nostre menti. Siamo tutti turbati dalle tantissime morti, dalla solitudine degli ammalati, dal sacrificio di una generazione che ha dato la sua gioventù per la nascita del nostro paese. Con la stessa forza devastante abbiamo però tirato fuori, e continuiamo a farlo, il meglio di noi stessi. La compassione, la solidarietà, la nostalgia, la generosità, il sacrificio. Sembravano fino a pochi giorni fa sentimenti perduti, trascinati via dalla folle corsa verso i beni materiali e da un stile di vita imperniato sull'egoismo, l'egocentrismo e il menefreghismo. La vita continua e forse risorgerà con una nuova spinta emotiva che ci farà riappropriare del senso autentico delle cose e ci fara riscoprire l'importanza degli affetti.
"Grazie alla vita" è uno dei brani folk più famosi nella storia del genere latinoamericano e vanta traduzioni in molte lingue del pianeta. Fu composta ed interpretata dalla cantante cilena Violeta Parra nel 1966 e pubblicata nell'album "Las ultimas composiciones", l'ultimo album pubblicato prima del suicidio della poetessa avvenuto nel 1967 a causa di una forte depressione. Artista poliedrica, la sua opera ha gettato le fondamenta per la nascita del movimento culturale e musicale conosciuto internazionalmente come Nueva Cancion Chilena che ha avuto tra i suoi principali esponenti ed interpreti gli Inti-Illimani e i Quilapayun. In Italia sono note le versioni di Gabriella Ferri, Andrea Parodi e gli Zafra. Anche Laura Pausini e Anna Oxa si sono cimentate con questo splendido testo.
Buona Pasqua allora amici miei, per chi crede in Gesù Cristo e anche per chi non ci crede; la pace e la felicità sono valori universali ai quali tutti noi aspiriamo. Vi lascio il testo di questa splendida canzone,sia in italiano che in spagnolo, il regalo del mio cuore ai vostri cuori!
Grazie alla vita
Grazie alla vita, che mi ha dato tanto: m'ha dato due stelle che quando le apro, io vedo e distinguo il nero dal bianco e nell'alto cielo il fondo stellato e in mezzo alla folla l'uomo che io amo.
Grazie alla vita, che m'ha dato tanto: m'ha dato il suono e l'abecedario, come le parole che penso e proclamo: figlio, madre, amico e cammino chiaro, e la dolce voce di colui che amo.
Grazie alla vita, che m'ha dato tanto: m'ha dato la marcia dei miei piedi stanchi; con essi ho varcato pozzanghere e spiagge, città e deserti, montagne e pianure e la strada tua, la casa, il cortile.
Grazie alla vita che m'ha dato tanto: m'ha dato il cuore che vuole fuggire quando guardo il frutto della mente umana, quando guardo il bene lontano dal male, quando vedo dentro il tuo sguardo chiaro.
Grazie alla vita che m'ha dato tanto: m'ha dato il riso e m'ha dato il pianto; così io distinguo la pena e la gioia, i due elementi che fanno il mio canto, e il canto di voi che è il mio stesso canto,
Me dió dos luceros, que cuando los abro Perfecto distingo, lo negro del blanco Y en el alto cielo, su fondo estrellado Y en las multitudes el hombre que yo amo.. Gracias a la vida, que me ha dado tanto Me ha dado el sonido y el abecedario Con él las palabras que pienso y declaro Madre, amigo, hermano y luz alumbrado La ruta del alma delque estoy amando. Gracias a la vida que me ha dado tanto Me ha dado el oído que en todo su ancho Graba noche y día grillos y canarios Martillos, turbinas, ladridos chubascos Y la voz tan tierna de mi bien amado. Gracias a la vida, que me ha dado tanto Me dió el corazón, que agita su mano Cuando miro el fruto, del cerebro humano Cuando miro al bueno tan lejos del malo Cuando miro al fondo de tus ojos claros. Gracias a la vida que me ha dado tanto Me ha dado la marcha de mis pies cansados con ellos anduve, ciudades y charcos playas y desiertos, montañas y llanos Y la casa tuya, tu calle y tu patio. Gracias a la vida que me ha dado tanto Me ha dado la risa y me ha dado el llanto Así yo distingo, dicha de quebranto Los dos materiales que forman mi canto.
Il 21 marzo sono sbarcati all'aereoporto di Orio al Serio nella provincia della martoriata città di Bergamo 52 tra medici ed infermieri cubani. Questa “brigada de batas blancas” (camici bianchi) è diventata operativa presso l'ospedale da campo realizzato in pochissime ore dall'esercito italiano nella città di Crema. Si tratta di un gruppo di specialisti con alle spalle già diverse missioni in luoghi remoti della terra. In particolare la loro preparazione si è rivelata in passato molto utile nell'affrontare l'emergenza ebola in molti paesi del continente africano. Attualmente si contano diverse migliaia di medici cubani impegnati in missioni internazionaliste. A Crema, dove sono stati accolti con grande emozione e gratitudine, alloggeranno in locali messi a disposizione dalla Diocesi locale e presso un'albergo della città. Quando si è manifestata la necessità di consentire lo spostamento dei medici tra gli alloggi a loro assegnati e l'ospedale di campo si è pensato immediatamente all'utilizzo di biciclette. In poche ore, grazie ad un tam tam spontaneo nato tra la popolazione di Crema e quella dei comuni limitrofi, si sono raccolte una ottantina di biciclette che sono state subito messe a disposizione degli amici cubani.
Alcune testate giornalistiche commentando la notizia hanno riferito erroneamente dell'arrivo di medici volontari mentre altre hanno colto l'occasione per puntare il dito contro il regime cubano ritenuto colpevole di tenere in ostaggio migliaia di medici sfruttati a lor dire per favorire un business legato alla esportazione di servizi professionali.
La verità, come sempre accade, si colloca nel mezzo. Ho avuto nel tempo la fortuna di conoscere medici cubani e con alcuni di loro ho instaurato un forte legame di amicizia. La medicina a Cuba è uno dei capisaldi della rivoluzione e ne sono testimonianza le diverse università sorte sull'isola e volute fortemente dallo stesso Guevara che si avvalse per la loro realizzazione del supporto e delle competenze del suo grande amico il medico argentino Alberto Granado. Dall'inizio degli anni '60 le missioni delle brigate di medici sono divenute il vero avamposto della rivoluzione cubana, il supporto scentifico per esportare l'esperienza cubana in molti paesi del terzo mondo. La novità storica di oggi consiste nel fatto che per la prima volta una brigata diventa operativa nel mondo occidentale. E' vero, i medici arrivati in Italia non sono dei volontari. I Paesi che richiedono la presenza e la collaborazione degli specialisti cubani devono negoziare direttamente con il Ministero della Salute. Raggiunto l'accordo circa il 40% dei compensi finisce nelle tasche dei medici mentre la percentuale restante va direttamente nelle casse dello stato. Bisogna sottolineare però che a Cuba sia l'istruzione che l'assistenza sanitaria sono totalmente gratuite ed accessibili a tutti. Un medico guadagna tra i 30 e i 60 cuc al mese (al cambio un cuc è quotato come un dollaro USA) di conseguenza una missione all'estero può realmente costituire una grossa opportunità economica. Nella mia esperienza personale però non ho mai percepito l'idea del guadagno come l'unica motivazione che sprona ogni anno centinaia di giovani studenti ad intraprendere gli studi universitari ed in particolare quelli di medicina. Per trenta cuc al mese forse non ne varrebbe veramente la pena. C'è qualcosa di romantico che serve da molla, qualcosa che per noi occidentali è difficile da capire. C'è un amore per la professione, c'è un attaccamento alla Patria e alla bandiera, c'è un senso di appartenenza ad una esperienza rivoluzionaria che ancora oggi stimola e incoraggia scelte coraggiose. La Cuba rivoluzionaria nei sessant'anni della sua esperienza politica e sociale ha esportato nel terzo mondo soldati e medici. Molti giovani sono morti impugnando il fucile, altri indossando il camice bianco. Due aspetti probabilmente contradittori della visione utopistica di fraternità internazionale tra i paesi socialisti sognata dal Che. Mi permetto una ultima considerazione: sappiamo tutti come molte nazioni si arricchiscono attraverso il mercato delle armi piuttosto che con la produzione di mine anti-uomo o il traffico di droga. Per questo non ritengo opportuno porre sullo loro stesso piano di giudizio un business, seppur altamente redditizio, basato sulla cultura e la conoscenza scientifica.
Infine ho scelto due foto per corredare questo articolo: una è di Ruben Carballo Herrera un paramedico cubano membro della spedizione in Italia e l'altra è del medico italiano Giampiero Giron. Due nomi che senz'altro non ci dicono nulla ma che ci spiegano molto sull'importanza di vivere la propria professione come fosse la più importante tra le missioni.
(Ruben - foto web)
Ho trovato sui social la bella testimonianza di un fotografo cubano che si era recato all'aereoporto dell'Avana per immortalare e salutare la partenza della brigata medica per l'Italia. Tra le batas blancas gli parve di riconobbere un volto, forse incrociato in una delle precedenti missioni in Africa.
“Cosa fai qui?” chiese Ruben al fotografo
“E' quello che chiedo io a te amico! Vai di nuovo a sfidare la morte?”
E Ruben rispose con la serenità tipica degli eroi inconsapevoli di esserlo:
“Parto per l'Italia, ma non ti preoccupare perchè ritorneremo e continueremo a lottare per la vita”.
E mentre le note dell'inno cubano accompagnavano la marcia di quel plotone di medici Ruben si girò nuovamente verso il fotografo e gli disse:
“Ti ricordi cosa mi hai detto quella volta? Con dos cojones, Viva Cuba!”
E in un'altra intervista un medico della medesima spedizione ha cosi risposto ad una domanda sul perchè di quella partenza così rischiosa:
“Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno però desideriamo che il mondo sappia chi siamo.
Siamo medici cubani e siamo in prima linea per combattere il COVID19. Lo facciamo per amore della professione, lo facciamo per convinzione personale, lo facciamo perchè siamo cubani, perchè amiamo la vita, lo facciamo perchè abbiamo voglia di farlo, lo facciamo perchè abbiamo le palle, lo facciamo semplicemente per questo significa affermare il concetto di Patria o Muerte, ma lo facciamo principalmente perchè tutti sappiano che alla fine Venceremos!
Complicato da intenderlo è vero? E allora vi voglio confondere ulteriormente le idee con la breve storia di Giampiero Giron (si proprio così ...come playa Giron, il luogo della disfatta dei controrivoluzionari nella battaglia fratricida del 17 aprile del 1961, la Baia dei Porci ...).
(Giron - foto web)
Nei giorni scorsi in piena emergenza sanitaria lo Stato italiano ha lanciato un appello per sopperire alla necessità di almeno 300 medici da inviare nei territori più colpiti dall'epidemia da coronavirus. Come sappiamo ben 8.000 persone hanno risposto generosamente a questo invito. Tra loro giovani neo laurati e medici già in pensione. Uno di loro che ha risposto presente è Giampiero, un medico di 85 anni dal volto di nonno buono.
"Mi hanno chiesto la mia disponibilità e ho detto di si. Quando ho deciso di essere medico nella mia vita l'ho scelto per sempre. Ho fatto un giuramento. Paura di ammalarmi? No. Allora era meglio se non avessi fatto il medico”.
Ruben y Gilberto, eroi comuni. Volti buoni e generosi in questa epoca di sfide.
Alla gente come voi dovremmo essere grati per sempre.