Genova, 14 agosto 2018. Il giorno dell'Apocalisse
26 agosto 2018

14 agosto 2018. Ore 11 e 36.
Un boato assordante. Una pugnalata di cavi contorti, polvere, massi deformi, carcasse di macchine e di vite umane colpisce al cuore Genova e l'Italia intera.
43 morti, vite trascinate nell'abisso in pochi istanti insieme alle briciole di un prodigio dell'ingegneria moderna italiana. Sono trascorse due settimane da quel terribile giorno. Le macerie sono ancora li. Molti cittadini hanno dovuto nel frattempo abbandonare le loro abitazioni paurosamente sovrastate da decenni da quel gigante pericolante. Dolore che si aggiunge a dolore. Le indagini sono appena iniziate e necessiteranno di tempi lunghi che speriamo siano sufficienti a restituire al Paese dignità e verità. Poteva essere una carneficina di proporzioni apocalittiche. Se il viadotto fosse stato attraversato da pulman con turisti in vacanza nella bellissima Genova, se fosse precipitata un autocisterna, se sotto al ponte crollato in quel preciso istante fosse transitato un treno affollato di turisti e pendolari … quanti morti avremmo pianto?
Passate le ore del lutto l'Italia ha cominciato a mostrare il suo volto di sempre: coraggiosa, solidale, ingegnosa ma anche disfattista, scarica barile, trasformista ed abile a strumentalizzare persone e circostanze. Insomma il meglio e il peggio di ciò che siamo e che immancabilmente viene a galla quando qualcosa di tragico ci colpisce.
Riccardo Morandi progettò il ponte che attraversa la valle Polcervia a ridosso della zona industriale di Sampierdarena nei primi anni sessanta. L'opera venne inaugurata nel 1967 dopo circa 4 anni di lavoro: 1182 metri di lunghezza, alta 45 metri e sorretta da piloni che nel punto più alto raggiungono i 90 metri! Una opera ardita. Erano gli anni del boom economico, della rinascita sociale di un Paese dilaniato dal conflitto mondiale. Tutto correva nella direzione di un progresso che sembrava non conoscere limiti e che per molti anni ci ha illuso facendoci sentire onnipotenti. Ora l'istantanea di quel camion fermo a pochi metri dall'abisso ci dimostra esattamente il contrario, ci insegna che quella corsa spericolata forse è finita. La vita, il destino o come lo vogliamo chiamare non fa i conti con calcoli matematici o formule incomprensibili. La tecnologia se non è supportata dall'attenzione all'Uomo diventa un inganno e può esaurirsi in un cumulo di travi contorte.

La magistratura dirà con il tempo se ci sono stati colpevoli e responsabili diretti di questa catastrofe. In questo momento ciò che noi cittadini comuni percepiamo é una profonda sensazione di smarrimento difronte alla negligenza sistematica e alla superficialità con cui viene gestita la cosa pubblica nelle cui casse continua a confluire una ricchezza enorme che dovrebbe essere reimpiegata per garantire la sicurezza e il benessere a tutti e che al contrario serve per gonfiare le tasche dei padroni di ieri e di oggi.
Le nostre vite sono appese a un filo o ad un traliccio di ponte e dimenticarcelo ci porta a vivere presuntuosamente come fossimo Dei immortali facendoci dimenticare ciò che è la nostra eterna fragilità.

Dopo solo vent'anni dalla sua costruzione vennero aggiunti al ponte dei grossi cavi per garantirne una maggiore stabilità, intervento che lo rese simile ad un piccolo ponte di Brooklin. Nel 1987 lo stesso Morandi pubblicava uno studio con il quale spiegava come le condizioni strutturali del ponte fossero rapidamente mutate nel tempo “per effetto dei carichi mobili e dell'azione ambientale, sopratutto sulla pavimentazione, sulle strutture portanti, sugli intarsi e sulle finiture, oltre agli effetti chimici e meccanici dovute alle azioni metereologiche sul calcestruzzo”
Ho trovato casualmente sul web una raccolta di articoli pubblicati negli ultimi anni sul Ponte Morandi che ne rilevano il costante degrado e il suo livello di pericolosità ( questo è il link: Il Ponte Morandi, cronaca di un disastro annunciato )
I segnali c'erano, eccome che c' erano. E' mancata una accurata diagnostica che le conoscenze scentifiche garantirebbero ai giorni d'oggi. In tutti questi anni attraversare quel viadotto è stato come partecipare ad una roulette russa: qualcuno ha vinto e qualcuno ha perso. In pochi sapevano che stavano giocando.
Per questo parlare oggi solo di una tragica fatalità o di coincidenza di numerosi fattori negativi non rende onore alle vittime e al cuore spezzato di Genova.
L'Italia resta il Paese più bello del Mondo, fragile e controverso, meraviglioso e disperato, solidale e arrivista. Un Paese che ha bisogno di essere amato e protetto come fosse un gioiello prezioso.
