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Conoscersi a tavola

La cultura alimentare ci consente di gettare un ponte nella storia e con un balzo immaginario tra arcobaleni di gusti, odori e sapori di toccare con mani e palato le radici più profonde di terre che attraverso la loro arte culinaria identificano un popolo, i suoi costumi e le sue tradizioni.

In passato non mi sono mai perso una puntata televisiva di “Orrori da gustare” un viaggio bizzarro e affascinate tra le tavole, quando si incontravano, negli angoli più remoti del mondo.

Un divertentissimo Andrew Zimmern, un newyorkese simpatico ed arguto, accompagnava gli spettatori in sorprendenti percorsi alla scoperta delle cucine più strane ed inimmaginabili seguendo instancabile il suo motto “se vi sembra buono, mangiatelo!”

Il messaggio che consegnava era che la conoscenza profonda di un popolo passa inevitabilmente attraverso la conoscenza del suo cibo.

In quest'ottica si cala perfettamente l'isola di Cuba la cui cucina riflette l'incontro di due etnie che nei secoli non solo hanno soppiantato quelle indigene precolombiane ma hanno finito con il creare quella razza meticcia che costituisce l'ossatura di tutta l'America meridionale e centrale, Caraibi compresi.

Sto parlando della fusione della cultura spagnola e di quella africana. I sapori forti e intensi, l'uso abbondante delle spezie, caratterizzano la gastronomia creola o criolla detto alla castigliana (la doppia elle si pronuncia “gl”) che non è altro che un aspetto di una cultura creola in senso più lato che trova espressione nella tipica religiosità, nei ritmi sanguigni della sua musica, nel vibrare delle congas e nelle sue danze ancestrali. Un connubio che ha cancellato decenni di lotte in cui le due razze si contendevano la sopravvivenza su una terra generosa, ospitale, ricca ma tragicamente bagnata dal sangue della schiavitù. Verso la metà del 1800 l'isola conobbe anche una forte immigrazione cinese, la cui manodopera a basso costo venne utilizzata dai coloni spagnoli per sostituire quella africana venuta a meno dopo l'abolizione dell'orribile tratta degli schiavi. La folta colonia cinese introdusse negli anni abitudini e tradizioni che anche in campo gastronomico fecero sentire la propria rilevanza.

La cucina creola è semplice ed armoniosa fatta di pochi elementi base come carne di maiale il cerdo, pollo, riso introdotto appunto dagli immigrati cinesi, fagioli, yuca o manioca ereditata dagli indios Taino, gli avocados o aguacates, le banane o platanos in tutte le loro distinte dimensioni ed una varietà eccezionale ed imperdibile di frutta! I dolci e la pasticceria in generale hanno l'impronta di quei fighettini dei francesi il cui passaggio è fissato nell'architettura della città di Cienfuegos. Nei grandi alberghi si può gustare la cucina internazionale. I cubani sono ottimi cuochi e molti di loro hanno studiato all'estero per cui all'Avana piuttosto che a Santiago è possibile mangiare dell'ottima pizza napoletana o delle lasagne alla bolognese ricoperte di abbondante parmigiano reggiano! Può incappare anche di vedere proposti a colazione degli improbabili spaghetti conditi con maionese o ketchup o con tutti e due le salse contemporaneamente!

Una leccornia per gli amici tedeschi ma un insulto al palato sofisticato dei numerosi italiani presenti sull'isola. Cuba perciò va conosciuta anche a tavola, tra le posate raffinate dei suoi grandi ristoranti o nei suoi numerosi paladares, piccole trattorie a conduzione familiare dove con pochi euro si può assaporare l'autentica cucina creola e conoscere l'arte dell'arrangiarsi particolarmente affinatasi nei periodi più difficili vissuti dall'indomita e ribelle isola caraibica. Il tutto accompagnato da ottima birra e dal ron, il ruhm di Cuba apprezzato in tutto il mondo.

In questa rubrica proporremo le ricette delle pietanze più conosciute cercando di svelarne le origini ed i segreti. Parallelamente verranno introdotti suggerimenti per la realizzazione di piatti italiani la cui memoria appartiene ai nostri antenati e che ancora oggi adornano con i loro colori e i loro sapori non solo le nostre tavole ma anche quelle di tutto il mondo. Chiunque è invitato ad arricchire il menù con proposte ed aneddoti.

Non ci resta che apparecchiare la mensa... e ricordatevi: se vi sembra buono mangiatelo!

Buon appetito, buen provecho!!!

Tamales, il cibo dei guerrieri

Tra i vari personaggi che affollano la vicenda di “Mambo Tango” uno che mi sta più a cuore è certamente Anita, una anziana signora che in una quadra dell'Avana si era costruita una solida reputazione cucinando e vendendo dei gustosissimi tamales, una pietanza fatta di elementi semplici ma che richiede una cura particolare nella sua preparazione. Di seguito vi racconto un po' l'origine di questo autentico gioiello della cucina latinoamericana che, pur realizzato in diverse forme, conserva i sapori di ingredienti sacri e l'originalità di tradizioni millenarie.

Il suo nome deriva dalla parola azteca “tamalli” che significa avvolto: un panetto che ha come ingrediente di base il mais macinato grossolanamente impastato con acqua calda oppure brodo di carne o pollo fino ad ottenere un composto morbido, la masa e farcito poi con spezie, carne, verdura, pesce o formaggio. Infine viene avvolto con le foglie che avvolgono la pannocchia (a volte anche con quelle del banano) e poi bollito, cotto al vapore o in antichi forni di pietra. Una pietanza di origine andina semplice e gustosissima che caratterizza la gastronomia di tutta l'America, dal Messico all'Argentina, dal Perù alla Bolivia e al Belize e a tutte le isole caraibiche.

 

Nelle civiltà precolombiane il mais era considerato una vera entità divina ed i tamales nacquero come cibo per i guerrieri che li portavano con sé per via della loro praticità e per l'apporto energetico che offrivano. Sicuramente questi fagottini possono considerarsi come il primo “street food” dell'umanità la cui comparsa è datata a circa 8.000 anni prima di Cristo quando erano consumati dagli Aztechi, dai Maya e dagli Inca.

Esistono diverse ricette di questa pietanza. Per la loro realizzazione si può usare anche la farina di mais, facilmente reperibile sui banconi dei super mercati in qualsiasi periodo dell'anno mentre più complicata è la ricerca delle pannocchie la cui stagione di raccolta è limitata in Italia dei mesi di giugno-luglio. Le foglie si trovano invece presso i marcket etnici. Qualcuno le sostituisce con la carta da forno ma i risultati sono approssimativi. Ecco la ricetta nella versione cubana:

 

                                                           TAMALES CUBANO

Il Tamal, il re della cucina tradizionale cubana
(Tamales - foto web)

Ingredienti:

¼ tazza di olio di oliva per friggere

700-800 grammi di carne di maiale tagliata in pezzetti piccoli

1 cipolla grande tagliata finemente

1 peperone rosso grande, tagliato in listelli

5 denti di aglio tritato

1 barattolo di salsa di pomodoro, circa 200 grammi

sale e pepe a gradimento

3 tazze di mais tritato, fresco o congelato

¾ di tazza di burro

2 tazze e mezzo de “masa harina”, farina di mais bianca. In mancanza va bene anche quella gialla.

2 tazze e mezzo di brodo di pollo o carne

24 o 32 foglie di mais o banana

acqua per bollire.

Il Tamal, pietanza a base di granoturco sempre presente nella cucina cubana
(Tamal pronti da mangiare - foto web)

 

In un tegame (sarten) versa l'olio e comincia a rosolare il maiale affinché rilasci il proprio grasso nel tegame stesso.

Con questo grasso prepara un soffritto con la cipolla e il peperone rosso, mescolando occasionalmente fino a quando la cipolla diventa trasparente. Unisci l'aglio e continua a cuocere a fuoco medio per tre minuti. Aggiungi poi la salsa di pomodoro e cucina a fuoco basso per circa 10 minuti, fino a quando la carne non sia ben cotta. Aggiungi sale e pepe a gradimento.

Mentre la carne cuoce a fuoco lento, macina grossolanamente i grani con il burro in un mortaio o in un frullatore fino ad ottenere un composto denso simile al burro di arachidi. Aggiungi ora la farina di mais bianca e lentamente  il brodo di pollo o carne aggiungendo sale e pepe a piacere. Mescola, mescola...

Unisci questo composto con la carne soffritta in precedenza e mescola bene fino ad ottenere una perfetta combinazione tra gli ingredienti.

Le foglie della pannocchia o di banano vanno lavate accuratamente, ammorbidite nell'acqua bollente per renderle più flessibili e lasciate umide.

Disponile sul tavolo a formare una croce e nel centro, nello spazio dove si intersecano, sistema qualche cucchiaio della farcitura. Poi chiudile come a formare un panetto e assicurale con dello spago da cucina.

Passiamo alla cottura. Si possono immergere direttamente in una pentola grande riempita a metà di acqua facendo bollire i tamales per circa un'ora. Sono cotti quando introducendo una forchetta questa si sfila pulita. Oppure si possono cuocere a vapore con tempi di cottura un po' più lunghi.

Cottura dei tamales, panetti a base di mais tipici della cucina cubana
(Tamales durante la cottura - foto web)

Se non si trovano i grani di mais si può utilizzare anche solo la farina facilmente reperibile in qualsiasi stagione.

A Cuba ho avuto la fortuna di assistere alla preparazione di questa pietanza. Siccome è necessaria una certa preparazione e i tamales sono abbastanza laboriosi, solitamente ci si riunisce in famiglia o tra amici dando vita ad una vera e propria fiesta di preparazione! Ovviamente non dimenticatevi di portare il Ruhm e qualche bottiglia di cerveza bien fria!

Un proverbio messicano recita:

El que naciò para tamal, del cielo le caen las hojas!”, “a colui che è nato per fare tamales, dal cielo gli cadono le foglie!”.

Buen provecho allora e non dimenticate...se vi sembra buono mangiatelo!

 

 

 

Tags: tamales,, mais,