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Cuba si apra al mondo ed il mondo si apra a Cuba!

Tra il 21 gennaio ed il 25 gennaio del 1998 Papa Giovanni Paolo II compie uno storico viaggio apostolico sull'isola di Cuba. Saranno giornate di intensi appuntamenti con la popolazione e le autorità civili e religiose che vivranno i due momenti più significativi con l'incontro con l'allora presidente cubano Fidel Castro e con la straordinaria Messa celebrata il 25 gennaio in piazza Josè Martì, la prima grande manifestazione cattolica dai tempi dell'affermazione della Rivoluzione. Colpì la tenerezza tra i due grandi vecchi, l'insistenza con cui San Karol chiese la fine dell'embargo e la commozione di Fidel difronte "...allo sforzo che Sua Santità fa per un mondo giusto".

Ho ripreso alcuni passaggi particolarmente significativi che evidenziano l'attualità del messaggio del Ponteficie alla luce del recente disgelo fra gli Stati Uniti e Cuba sostenuto e promosso con decisione dalla Santa Sede. Accidenti però...buona lettura!

 

 

 

21 gennaio 1998. Cerimonia di benvenuto. Aereoporto “J.Martì” - La Habana.

Dio voglia che questa visita che inizia oggi serva a ravvivare in tutti l'impegno a mettere in atto il proprio sforzo per soddisfare queste aspettative con il contributo di ogni cubano e con l'aiuto dello Spirito Santo. Voi siete e dovete essere i protagonisti della vostra storia personale e nazionale.

Con questo Viaggio apostolico vengo, nel nome del Signore, a confermarvi nella fede, ad animarvi nella speranza, ad incoraggiarvi nella carità; per condividere il vostro profondo spirito religioso, le vostre pene, le vostre gioie e le vostre sofferenze, celebrando, come membri di una grande famiglia, il mistero dell'Amore divino e renderlo più profondamente presente nella vita e nella storia di questo nobile popolo, che ha sete di Dio e dei valori spirituali che la Chiesa, in questi cinque secoli di presenza sull'Isola, non ha mai smesso di dispensare.

Oggi vengo a condividere con Voi la mia profonda convinzione che il Messaggio del Vangelo conduce all'amore, alla dedizione, al sacrificio e al perdono, in modo che se un popolo percorre questo cammino vuol dire che è un popolo che ha la speranza di un futuro migliore.

Amati figli della Chiesa cattolica a Cuba: so bene quanto avete atteso il momento della mia Visita e voi sapete quanto io l'ho desiderato. Per questo accompagno con la preghiera i miei migliori auspici affinché questa terra possa offrire a tutti un clima di libertà, di fiducia reciproca, di giustizia sociale e di pace duratura. Possa Cuba aprirsi con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e possa il mondo aprirsi a Cuba, affinché questo popolo che come ogni uomo e ogni nazione ricerca la verità, lavora per andare avanti, aspira alla concordia e alla pace, possa guardare al futuro con speranza.

 

 22 gennaio 1998. Omelia presso Ist. Superiore di Cultura fisica “ M. Fajardo” a Santa Clara.

Nessuna ideologia può sostituire la Sua infinita sapienza e il Suo potere. Per questo è necessario recuperare i valori religiosi nell'ambito familiare e sociale, promuovendo la pratica delle virtù che caratterizzarono le origini della Nazione cubana, nel processo di edificazione del suo futuro «con tutti e per il bene di tutti», come chiedeva José Martí. La famiglia, la scuola e la Chiesa devono formare una comunità educativa dove i figli di Cuba possano «crescere in umanità». Non abbiate paura, aprite le famiglie e le scuole ai valori del Vangelo di Gesù Cristo, che non costituiscono un pericolo per nessun progetto sociale.

 

23 gennaio Omelia a Camaguey.

Che cosa vuol dire condurre una vita pura? Vuol dire vivere la propria vita secondo le norme morali del Vangelo proposte dalla Chiesa. Attualmente, purtroppo, per molti è facile cadere in un relativismo morale e in una mancanza di identità di cui soffrono tanti giovani, vittime di schemi culturali privi di senso o di ideologie che non offrono norme morali elevate e precise. Questo relativismo morale genera egoismo, divisione, emarginazione, discriminazione, timore e sfiducia nei confronti degli altri. Inoltre, quando un giovane vive «a modo suo», idealizza ciò che è straniero, si lascia sedurre dal materialismo sfrenato, perde le proprie radici e anela alla fuga. Pertanto, il vuoto prodotto da questi atteggiamenti spiega molti mali che minacciano i giovani: l'alcol, la sessualità malvissuta, la prostituzione che si nasconde sotto diverse ragioni, e le cui cause non sempre sono soltanto personali, le scelte fondate sul piacere o su atteggiamenti egoistici, sull'opportunismo, sulla mancanza di un serio progetto di vita nel quale non c'è posto per un matrimonio stabile, oltre al rifiuto di qualsiasi autorità legittima, il desiderio di fuggire e di emigrare, sottraendosi all'impegno e alla responsabilità per rifugiarsi in un mondo falso alla cui base vi sono l'alienazione e lo sradicamento.

...dovete essere forti dentro, grandi di animo, ricchi dei sentimenti migliori, coraggiosi nella verità, audaci nella libertà, costanti nella responsabilità, generosi nell'amore, invincibili nella speranza. La felicità si ottiene a partire dal sacrificio. Non cercate al di fuori ciò che potete trovare dentro di voi. Non aspettatevi dagli altri ciò di cui siete capaci e che siete chiamati ad essere e a fare. Non rimandate a domani la costruzione di una società nuova, dove i sogni più nobili non siano frustrati e dove voi possiate essere i protagonisti della vostra storia.

Il mondo e l'uomo soffocano se non si aprono a Gesù Cristo. Apritegli il vostro cuore e incominciate così una vita nuova che sia conforme a Dio e risponda alle legittime aspirazioni che avete di verità, bontà e bellezza. Che Cuba educhi i suoi giovani nella virtù e nella libertà, affinché possa avere un futuro di autentico sviluppo umano integrale in un clima di pace duratura!

 

Messaggio ai giovani. Camaguey 23 gennaio 1998.

Allora Gesù, fissatolo, lo amò» (Mc 10, 21). Così il Vangelo riferisce l'incontro di Gesù con il giovane ricco. Così il Signore guarda ad ogni uomo. I suoi occhi, colmi di tenerezza, fissano ancora oggi il volto della gioventù cubana. Ed io, nel suo nome, vi abbraccio, riconoscendo in voi la speranza viva della Chiesa e della Patria cubana.

Per questo, ascoltate la voce di Cristo! Nella vostra vita sta passando Cristo e vi dice: «Seguitemi». Non chiudetevi al suo amore. Non passate lontano. Accogliete la sua parola. Ognuno ha ricevuto da Lui una chiamata. Egli conosce ciascuno per nome. Lasciatevi guidare da Cristo nella ricerca di ciò che vi può aiutare a realizzarvi pienamente. Aprite le porte del vostro cuore e della vostra esistenza a Gesù, «il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell'amore, il compagno e l'amico della gioventù» (Messaggio del Concilio Vaticano II ai giovani).

Conosco bene i valori dei giovani cubani, sinceri nei loro rapporti, autentici nei loro progetti, ospitali con tutti e amanti della libertà. So che, essendo figli dell'esuberante terra caraibica, si distinguono per le loro capacità artistiche e creative, per lo spirito gioviale e intraprendente, sempre disposti a lanciarsi in imprese grandi e nobili per la prosperità del Paese; si distinguono anche per la sana passione con cui affrontano le cose che interessano loro, nonché per la facilità con cui superano le contrarietà e le limitazioni. Questi valori emergono con maggiore nitidezza quando incontrano spazi di libertà e motivazioni profonde. Ho potuto, inoltre, verificare e ammirare con emozione la fedeltà di molti di voi alla fede ricevuta dagli avi, tante volte trasmessa dalle madri e dalle nonne durante questi ultimi decenni, in cui la voce della Chiesa sembrava soffocata.

Ciononostante, l'ombra dell'attuale terribile crisi di valori che scuote il mondo, minaccia anche la gioventù di questa luminosa Isola. Si sta diffondendo una perniciosa crisi d'identità che porta i giovani a vivere senza senso, senza un orientamento o un progetto futuro, assillati dall'immediato. Nascono in tal modo il relativismo, l'indifferenza religiosa e la mancanza di una dimensione morale, mentre si è tentati di arrendersi agli idoli della società dei consumi, affascinati dal loro fatuo splendore. Anche tutto ciò che proviene dall'esterno del Paese sembra abbagliare.

Cosa posso dire a voi, giovani cubani, che spesso vivete in condizioni materiali difficili, talvolta frustrati nei vostri legittimi progetti e, per questo, privati anche in un certo senso della stessa speranza? Guidati dallo Spirito, combattete con la forza di Cristo Risorto per non cadere nella tentazione di ogni forma di fuga dal mondo e dalla società e per non soccombere di fronte alla mancanza di speranze, che conducono all'autodistruzione della propria personalità mediante l'alcolismo, la droga, gli abusi sessuali e la prostituzione, la ricerca continua di nuove sensazioni e il rifugio in sette, in culti spiritualistici alienanti o in gruppi totalmente estranei alla cultura e alla tradizione della vostra Patria.

La virtù è la forza interiore che spinge a sacrificarsi per amore del bene e che permette alla persona non solo di compiere buone azioni, ma anche di dare il meglio di sé. Con giovani virtuosi un Paese diviene grande. Per questo, e perché il futuro di Cuba dipende da voi, da come formate il vostro carattere, da come vivete il vostro impegno nella trasformazione della realtà, vi dico: affrontate con forza e temperanza, con giustizia e prudenza le grandi sfide del momento presente; tornate alle radici cubane e cristiane e fate tutto il possibile per costruire un futuro sempre più degno e sempre più libero! Non dimenticate che la responsabilità fa parte della libertà...

Occupate il posto che vi spetta nella grande famiglia dei popoli di questo continente e di tutto il mondo: non comegli ultimi che chiedono di essere accettati, bensì come coloro che a pieno titolo portano con sé una tradizione ricca e grande, le cui origini sono radicate nel cristianesimo.

 

Università dell'Avana 23 gennaio 1998.

La cultura è quella forma peculiare con cui gli uomini esprimono e sviluppano le loro relazioni con il creato, fra di loro e con Dio, formando l'insieme dei valori che caratterizzano un popolo e i tratti che lo definiscono...La Chiesa cattolica non si identifica con nessuna cultura in particolare, ma è vicina a tutte con spirito aperto. Nel proporre con rispetto la propria visione dell'uomo e dei valori, essa contribuisce alla crescente umanizzazione della società....Qualsiasi cultura è uno sforzo di riflessione sul mistero del mondo e in particolare dell'uomo: è un modo di dare espressione alla dimensione trascendente della vita umana» (Discorso all'ONU, 5 ottobre 1995, n. 9). Rispettando e promuovendo la cultura, la Chiesa rispetta e promuove l'uomo, il quale si sforza di rendere più umana la sua vita e di avvicinarla, anche se a tentoni, al mistero nascosto di Dio.

Cuba, per la sua storia e la sua situazione geografica, ha una cultura propria che, nella sua formazione, ha subito diverse influenze: quella spagnola, che portò il cattolicesimo, quella africana la cui religiosità fu permeata dal cristianesimo, quella dei vari gruppi di immigranti e quella propriamente americana. È giusto ricordare l'influenza che il Seminario di «San Carlos y San Ambrosio» di La Habana ha avuto nello sviluppo della cultura nazionale sotto l'influsso di figure come José Agustín Caballero, chiamato da Martí «padre dei poveri e della nostra filosofia», e il sacerdote Felix Varela, vero padre della cultura cubana. La superficialità o l'anticlericalismo di alcuni settori di quell'epoca non sono effettivamente rappresentativi di ciò che è stata la vera caratteristica di questo popolo, che nella sua storia ha visto la fede cattolica come fonte dei ricchi valori dell'identità cubana che, assieme a espressioni tipiche, quali le canzoni popolari, le dispute contadine e le raccolte di proverbi popolari, ha una profonda matrice cristiana; il che è oggi una ricchezza e una realtà costitutiva della Nazione...Figlio illustre di questa terra è Padre Félix Varela y Morales, considerato da molti come pietra angolare della nazionalità cubana. Egli costituisce di per sé la sintesi migliore che possiamo trovare tra fede cristiana e cultura cubana. Sacerdote esemplare di La Habana e indiscusso patriota, fu un insigne pensatore che rinnovò nella Cuba del secolo XIX i metodi pedagogici e i contenuti dell'insegnamento filosofico, giuridico, scientifico e teologico. Maestro di generazioni di cubani, insegnò che, per assumere la responsabilità dell'esistenza, la prima cosa che bisogna imparare è la difficile arte di pensare in modo corretto e con la propria testa. Fu il primo a parlare di indipendenza in questa terra. Parlò anche di democrazia, considerandola il progetto politico più consono alla natura umana, sottolineando al tempo stesso le esigenze che da essa derivano...

Padre Varela era consapevole del fatto che, nella sua epoca, l'indipendenza era un ideale ancora irraggiungibile; per questo si dedicò a formare persone, uomini di coscienza che non fossero superbi con i deboli, né deboli con i potenti. Dal suo esilio di New York utilizzò i mezzi che aveva a disposizione: la corrispondenza personale, la stampa e quella che potremmo considerare la sua opera principale, le «Cartas a Elpidio sobre la impiedad, la superstición y el fanatismo en sus relaciones con la sociedad», autentico monumento di insegnamento morale che costituisce la sua preziosa eredità alla gioventù cubana. Durante gli ultimi trent'anni della sua vita, lontano dalla sua cattedra di La Habana, continuò a insegnare dall'estero, creando in questo modo una scuola di pensiero, uno stile di convivenza sociale e un atteggiamento verso la patria che devono illuminare, ancora oggi, tutti i cubani...Questa è l'eredità lasciata da Padre Varela. Il bene della sua patria continua ad aver bisogno della luce senza tramonto che è Cristo. Cristo è la via che conduce l'uomo alla pienezza delle sue dimensioni, il cammino che conduce ad una società più giusta, più libera, più umana e più solidale. L'amore per Cristo e per Cuba, che illuminò la vita di Padre Varela, fu radicato profondamente nella cultura cubana. Ricordate la fiaccola che appare sullo stemma di questo Ateneo: non è soltanto memoria ma anche progetto. I propositi e le origini di questa Università, la loro traiettoria e la loro eredità caratterizzano la sua vocazione ad essere madre di sapienza e di libertà, ispiratrice di fede e di giustizia, crogiolo dove si fondono scienza e coscienza, maestra di universalità e di identità cubana.

La fiaccola che, accesa da Padre Varela, doveva illuminare la storia del popolo cubano, fu raccolta, poco dopo la sua morte, da quella personalità eminente della nazione che fu José Martí: scrittore e maestro nel senso più pieno del termine, profondamente democratico e indipendentista, patriota, amico leale anche di quelli che non condividevano il suo programma politico. Egli fu, soprattutto, un uomo illuminato, coerente con i suoi valori etici e animato da una spiritualità di natura eminentemente cristiana. È considerato un propugnatore del pensiero di Padre Varela che chiamò «il santo cubano»...

Sono convinto che questo popolo ha ereditato le virtù umane, di matrice cristiana, di ambedue questi uomini, dato che tutti i cubani condividono in modo solidale la loro impronta culturale...La cultura cubana, se sarà aperta alla Verità, consoliderà la propria identità nazionale e la farà crescere in umanità.

Pellegrino in una Nazione come la vostra, con la ricchezza di un'eredità meticcia e cristiana, confido che nel futuro i cubani riescano ad ottenere una civiltà della giustizia e della solidarietà, della libertà e della verità, una civiltà dell'amore e della pace che, come diceva Padre Varela, «sia la base del grande edificio della nostra felicità». Per questo mi permetto di porre nuovamente nelle mani dei giovani cubani quel testamento, sempre necessario e sempre attuale, del padre della cultura cubana, quella missione che Padre Varela affidò ai suoi discepoli: «Di' loro che sono la dolce speranza della patria e che non c'è patria senza virtù, né virtù con empietà».

 

Omelia, Santiago di Cuba 24 gennaio 1998.

«Beata la Nazione di cui Dio è il Signore» (Sal 32, 12). Con il salmista abbiamo cantato che la gioia accompagna il popolo che ha Dio come suo Signore. Più di cinquecento anni fa, quando la croce di Cristo giunse su questa Isola, e con essa il messaggio salvifico, iniziò un processo che, alimentato dalla fede cristiana, ha forgiato i tratti caratteristici di questa Nazione. Fra i suoi uomini illustri vi sono: quel soldato che fu il primo catechista e missionario di Macaca; il primo maestro cubano che fu P. Miguel de Velázquez; il sacerdote Esteban Salas, padre della musica cubana; l'insigne abitante di Bayamo Carlos Manuel de Céspedes, Padre della Patria, il quale, prostrato ai piedi della «Virgen de la Caridad», iniziò la sua lotta per la libertà e l'indipendenza di Cuba; Antonio de la Caridad Maceo y Grajales, la cui statua domina la piazza che oggi accoglie la nostra celebrazione; a lui sua madre chiese dinanzi al crocifisso di consacrarsi fino in fondo alla libertà di Cuba. Oltre ad essi, vi sono molti altri uomini e donne illustri che, mossi dalla loro incrollabile fede in Dio, scelsero la via della libertà e della giustizia come basi della dignità del loro popolo.

In questa celebrazione incoroneremo l'immagine della «Virgen de la Caridad del Cobre». Dal suo santuario, non lontano da qui, la Regina e Madre di tutti i cubani — senza distinzione di razza, di opinione politica o d'ideologia —, guida e sostiene, come nel passato, i suoi figli nel loro cammino verso la Patria celeste e li incoraggia a vivere in modo che nella società regnino sempre gli autentici valori morali, che costituiscono il ricco patrimonio spirituale ereditato dagli avi.

La Chiesa chiama tutti a incarnare la fede nella propria vita, come il migliore cammino per lo sviluppo integrale dell'essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, e per ottenere la vera libertà, che include il riconoscimento dei diritti umani e la giustizia sociale. A tale riguardo, i laici cattolici, salvaguardando la loro identità per poter essere «sale e lievito» nella società della quale fanno parte, hanno il dovere e il diritto di partecipare al dibattito pubblico con uguali opportunità e con un atteggiamento di dialogo e di riconciliazione. Parimenti, il bene di una Nazione deve essere promosso e ricercato dagli stessi cittadini attraverso mezzi pacifici e graduali. In tal modo ogni persona, godendo della libertà di espressione, della capacità d'iniziativa e di proposta in seno alla società civile e dell'adeguata libertà di associazione, potrà collaborare efficacemente alla ricerca del bene comune.

Nel ricordare questi aspetti della missione della Chiesa, rendiamo grazie a Dio, che ci ha chiamati a farne parte. In essa la Vergine Maria occupa un luogo singolare. Ne è espressione la coronazione della venerata immagine della «Virgen de la Caridad del Cobre». La storia cubana è costellata di meravigliosi segni di amore verso la sua Patrona, ai cui piedi le figure degli umili nativi, due indios e un mulatto, simboleggiano la ricca pluralità di questo popolo. El Cobre, dove si trova il suo Santuario, fu il primo luogo di Cuba dove gli schiavi conquistarono la libertà.

Amati fedeli, non dimenticate mai i grandi eventi legati alla vostra Regina e Madre. Con il baldacchino dell'altare maggiore, Céspedes confezionò la bandiera cubana ed andò a prostrarsi ai piedi della Vergine prima di iniziare la lotta per la libertà. I coraggiosi soldati cubani, i mambises, portavano sul petto la medaglia e la «misura» della sua immagine benedetta. Il primo atto di Cuba libera ebbe luogo nel 1898 quando le truppe del Generale Calixto García si prostrarono ai piedi della «Virgen de la Caridad» in una solenne messa per la «Dichiarazione mambisa d'Indipendenza del popolo cubano». I diversi pellegrinaggi che l'immagine ha compiuto nei villaggi dell'Isola, accogliendo gli aneliti e le speranze, le gioie e le sofferenze di tutti i suoi figli, sono sempre stati grandi manifestazioni di fede e di amore.

Da questo luogo desidero inviare il mio saluto anche ai figli di Cuba che in qualsiasi parte del mondo venerano la «Virgen de la Caridad»; insieme a tutti i loro fratelli che vivono in questa bella terra, li pongo sotto la sua protezione materna, chiedendo a Lei, Madre amorevole di tutti, di riunire i suoi figli attraverso la riconciliazione e la fraternità.


Virgen de la Caridad del Cobre
Patrona di Cuba!
Ave, Maria, piena di grazia!
Tu sei la Figlia amata dal Padre,
la Madre di Cristo, nostro Dio,
il Tempio vivo dello Spirito Santo.
Porti nel tuo nome, Virgen de la Caridad,
la memoria del Dio che è Amore,
il ricordo del comandamento nuovo di Gesù,
l'evocazione dello Spirito Santo:
amore versato nei nostri cuori,
fuoco di carità inviato nella Pentecoste sulla Chiesa,
dono della piena libertà dei figli di Dio.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del seno tuo, Gesù!
Sei venuta a visitare il nostro popolo
e hai voluto rimanere con noi
come Madre e Signora di Cuba,
nel corso del suo peregrinare
lungo i passi della storia.
Il tuo nome e la tua immagine sono scolpiti
nella mente e nel cuore di tutti i cubani,
dentro e fuori la Patria,
come segno di speranza e centro di comunione fraterna.
Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra!
Prega per noi dinanzi a tuo Figlio Gesù Cristo,
intercedi per noi con il tuo cuore materno,
inondato dalla carità dello Spirito.
Accresci la nostra fede, ravviva la speranza,
aumenta e rafforza in noi l'amore.
Sostieni le nostre famiglie,
proteggi i giovani e i bambini,
consola quanti soffrono.
Sii Madre dei fedeli e dei Pastori della Chiesa,
modello e stella della nuova evangelizzazione.
Madre della Riconciliazione!
Riunisci il tuo popolo disperso nel mondo.
Fai della nazione cubana una famiglia di fratelli e di sorelle
affinché questo popolo spalanchi
la sua mente, il suo cuore e la sua vita a Cristo,
unico Salvatore e Redentore,
che vive e regna con il Padre e lo Spirito Santo,
nei secoli dei secoli.

 

 Omelia Piazza Josè Martì, la Habana.


I sistemi ideologici ed economici succedutisi negli ultimi secoli hanno spesso enfatizzato lo scontro come metodo, poiché contenevano nei propri programmi i germi dell'opposizione e della disunione. Questo ha condizionato profondamente la concezione dell'uomo e i rapporti con gli altri. Alcuni di questi sistemi hanno preteso anche di ridurre la religione alla sfera meramente individuale, spogliandola di ogni influsso o rilevanza sociale. In tal senso, è bene ricordare che uno Stato moderno non può fare dell'ateismo o della religione uno dei propri ordinamenti politici. Lo Stato, lontano da ogni fanatismo o secolarismo estremo, deve promuovere un clima sociale sereno e una legislazione adeguata, che permetta ad ogni persona e ad ogni confessione religiosa di vivere liberamente la propria fede, esprimerla negli ambiti della vita pubblica e poter contare su mezzi e spazi sufficienti per offrire alla vita della Nazione le proprie ricchezze spirituali, morali e civiche.

D'altro canto, in vari luoghi si sviluppa una forma di neoliberalismo capitalista che subordina la persona umana e condiziona lo sviluppo dei popoli alle forze cieche del mercato, gravando dai propri centri di potere sui popoli meno favoriti con pesi insopportabili. Avviene così che, spesso, vengono imposti alle Nazioni, come condizione per ricevere nuovi aiuti, programmi economici insostenibili. In tal modo si assiste, nel concerto delle Nazioni, all'arricchimento esagerato di pochi al prezzo dell'impoverimento crescente di molti, cosicché i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Carissimi fratelli: la Chiesa è maestra in umanità. Perciò, di fronte a questi sistemi, essa propone la cultura dell'amore e della vita, restituendo all'umanità la speranza e il potere trasformante dell'amore, vissuto nell'unità voluta da Cristo. Per questo è necessario percorrere un cammino di riconciliazione, di dialogo e di accoglienza fraterna del prossimo, chiunque esso sia. Questo si può dire il Vangelo sociale della Chiesa.

La Chiesa, nel portare a termine la propria missione, propone al mondo una giustizia nuova, la giustizia del Regno di Dio (cfr Mt 6, 33). In diverse occasioni ho fatto riferimento ai temi sociali. È necessario continuarne a parlare fino a quando nel mondo ci sarà un'ingiustizia, per piccola che sia, dato che in caso contrario la Chiesa non si dimostrerebbe fedele alla missione affidatale da Gesù Cristo. La posta in gioco è l'uomo, la persona in carne ed ossa. Anche se i tempi e le circostanze cambiano, ci sono sempre persone che hanno bisogno della voce della Chiesa perché vengano riconosciute le loro angosce, i loro dolori e le loro miserie. Coloro che si trovano in simili situazioni possono essere sicuri che non verranno defraudati, poiché la Chiesa è con loro e il Papa abbraccia, con il cuore e con la sua parola di incoraggiamento, tutti coloro che subiscono l'ingiustizia.

La libertà che non è fondata sulla verità condiziona l'uomo a tal punto che a volte lo rende oggetto anziché soggetto del contesto sociale, culturale, economico e politico, lasciandolo quasi totalmente privo d'iniziativa riguardo allo sviluppo personale. Altre volte, questa libertà è di tipo individualistico e, non tenendo conto della libertà degli altri, chiude l'uomo nel proprio egoismo. La conquista della libertà nella responsabilità rappresenta un compito imprescindibile per ogni persona. Per i cristiani, la libertà dei figli di Dio non è soltanto un dono e un compito...Per molti dei sistemi politici ed economici vigenti oggi, la sfida più grande continua ad essere rappresentata dal coniugare libertà e giustizia sociale, libertà e solidarietà, senza che nessuna di esse venga relegata ad un livello inferiore. In tal senso, la Dottrina sociale della Chiesa costituisce uno sforzo di riflessione e una proposta che cerca di illuminare e di conciliare i rapporti tra i diritti inalienabili di ogni uomo e le esigenze sociali...Nel Vangelo proclamato oggi la giustizia appare intimamente legata alla verità. È quello che si osserva anche nel pensiero lucido dei padri della Patria. Il Servo di Dio Padre Félix Varela, animato dalla fede cristiana e dalla fedeltà al ministero sacerdotale, pose nel cuore del popolo cubano i semi della giustizia e della libertà che egli sognava di veder germogliare in una Cuba libera e indipendente.

La dottrina di José Martí sull'amore tra tutti gli uomini ha radici profondamente evangeliche, superando così il falso conflitto tra la fede in Dio e l'amore e il servizio alla Patria. Scrive Martí: «Pura, disinteressata, perseguitata, martirizzata, poetica e semplice, la religione del Nazareno ha sedotto tutti gli uomini onesti... Ogni popolo ha bisogno di essere religioso. Lo deve essere non solo nella sua essenza, ma anche per sua utilità... Un popolo non religioso è destinato a morire, poiché in esso nulla alimenta la virtù. Le ingiustizie umane la disprezzano; è necessario che la giustizia celeste la garantisca».

Come sapete, Cuba possiede un'anima cristiana, e questo l'ha portata ad avere una vocazione universale. Chiamata a vincere l'isolamento, deve aprirsi al mondo e il mondo deve avvicinarsi a Cuba, al suo popolo, ai suoi figli, che ne rappresentano senza dubbio la maggiore ricchezza. È giunta l'ora di intraprendere i nuovi cammini che i tempi di rinnovamento in cui viviamo esigono, all'approssimarsi del Terzo millennio dell'era cristiana!

 

25 gennaio 1998. Cattedrale dell'Avana.

Siamo riuniti in questa Cattedrale Metropolitana, dedicata all'Immacolata Concezione, nel giorno in cui la liturgia celebra la Conversione di San Paolo che, sulla via di Damasco, ricevette la visita del Signore Risorto e si trasformò da persecutore dei cristiani in intrepido e infaticabile apostolo di Gesù Cristo. ..Terminiamo questa visita il 25 gennaio, che è la festa della conversione di San Paolo. L'ultima Eucaristia celebrata nella Plaza de la Revolución risulta molto significativa, perché la conversione di Paolo è una profonda, continua e Santa Rivoluzione valida per tutti i tempi.

 

25 gennaio 1998. Congedo, aereoporto Josè Martì.

Ho vissuto giornate intense ed emozionanti con il Popolo di Dio che peregrina nella bella terra di Cuba, il che ha lasciato in me un segno profondo. Porto con me il ricordo dei volti delle tante persone che ho incontrato nel corso di queste giornate. Vi sono grato per la cordiale ospitalità, espressione autentica dell'anima cubana, e soprattutto per aver potuto condividere con voi intensi momenti di preghiera e di riflessione nelle celebrazioni della Santa Messa a Santa Clara, a Camagüey, a Santiago de Cuba e qui a La Habana, negli incontri con il mondo della cultura e con quello del dolore, così come nella visita che ho compiuto poche ore fa alla Cattedrale Metropolitana.

Prima di lasciare questa Capitale, desidero rivolgere un commosso saluto a tutti i figli di questo Paese: a quanti abitano nelle città e nelle campagne, ai bambini, ai giovani e agli anziani, alle famiglie e a ogni persona, fiducioso che continueranno a conservare e a promuovere i valori più autentici dell'anima cubana che, fedele all'eredità dei propri avi, deve saper mostrare, anche nelle difficoltà, la sua fiducia in Dio, la sua fede cristiana, il suo legame con la Chiesa, il suo amore per la cultura e le patrie tradizioni, la sua vocazione alla giustizia e alla libertà. In tale processo, tutti i cubani sono chiamati a contribuire al bene comune, in un clima di rispetto reciproco e con un profondo senso di solidarietà. Ai nostri giorni nessuna nazione può vivere sola. Per questo, il popolo cubano non può vedersi privato dei vincoli con gli altri popoli, che sono necessari per lo sviluppo economico, sociale e culturale, soprattutto quando l'isolamento forzato si ripercuote in modo indiscriminato sulla popolazione, accrescendo le difficoltà dei più deboli, in aspetti fondamentali come l'alimentazione, la sanità e l'educazione. Tutti possono e devono compiere passi concreti per un cambiamento in tal senso. Che le Nazioni, e soprattutto quelle che condividono lo stesso patrimonio cristiano e la stessa lingua, lavorino efficacemente per estendere i benefici dell'unità e della concordia, per unire gli sforzi e superare gli ostacoli affinché il popolo cubano, protagonista della sua storia, mantenga rapporti internazionali che favoriscano sempre il bene comune. In tal modo si contribuirà a superare l'angoscia causata dalla povertà, materiale e morale, le cui cause possono essere, fra le altre, le ingiuste disuguaglianze, le limitazioni delle libertà fondamentali, la spersonalizzazione e lo scoraggiamento degli individui, e le misure economiche restrittive imposte dall'esterno del Paese, ingiuste ed eticamente inaccettabili. Cari cubani, nel lasciare questa amata terra, porto con me un ricordo indimenticabile di questi giorni e una grande fiducia nel futuro della vostra Patria. Costruitelo con gioia, guidati dalla luce della fede, con il vigore della speranza e la generosità dell'amore fraterno, capaci di creare un ambiente di maggiore libertà e pluralismo, con la certezza che Dio vi ama intensamente e rimane fedele alle sue promesse. In effetti, «noi infatti ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il Salvatore di tutti gli uomini» (1 Tm 4, 10). Che Egli vi colmi delle sue benedizioni e vi faccia sentire la sua vicinanza in ogni momento!

Sia lodato Gesù Cristo!

 







 

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