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Come già ho avuto modo di raccontare nell'articolo "Abbattiamo tutti i muri" che potete trovare nella sezione BLOG di questo sito, il 23 febbraio del 2015 fui invitato a partecipare alla trasmissione "30 Minuti" in onda sui canali dell'emittente privata "Teleromagna" di Forlì. Ebbi in quella occasione l'opportunutà di spiegare la genesi e lo sviluppo del romanzo "Mambo Tango. Nuovi ritmi del cuore sulle strade di Cuba"sottolineando come, attraverso un complicato percorso interiore del protagonista della storia, ci fosse anche da parte mia la volonta di raccontare l'Isola con occhi diversi, quelli cioè di un viaggiatore desideroso di cogliere quelle sfumature e l'intensa umanità di un popolo che solitamente non traspaiono o vengono del tutto trascurate dalle guide turistiche. Una Cuba percorsa sulle sue strade malconce, osservata dagli occhi dei suoi abitanti e penetrata con curiosità e dolcezza anche nei suoi luoghi più intimi. Una Cuba in carne ed ossa libera da facili pregiudizi e da banali considerazioni. In questa narrazione sono stato coadiuvato dall'amico dott. Alberto Donati che sintetizzò brillantemente la complessa vicenda storica cubana anche alla luce delle profonde trasformazioni avviate negli ultimi mesi, e trovato supporto nell'esperienza di Stefano Baratella che analizzò l'Isola da una angolazione originale, quella di un turismo sostenibile e fruibile a tutti.
Ho conosciuto Stefano in quella occasione ed ho provato immediatamente una forte empatia nei suoi confronti. A tal proposito desidero subito sgombrare il terreno da ogni possibile speculazione e da facili illazioni. Questo mio atteggiamento non è stato determinato da uno sterile pietismo o da calcoli opportunistici. Ciò che mi ha colpito è stato il coraggio di un Uomo che mentre la vita sembrava volesse voltargli le spalle con caparbietà l'ha afferrata per i capelli e l'ha trascinarla a sé ed ora, insieme, sospesi sue magiche ruote attraversano il mondo per scoprire, sperimentare e certificare luoghi e strutture adatte anche a chi ha una mobilità ridotta. L'intelligenza che si fa dono.
Stefano ha fondato la Oltrelimite onlus (www.oltrelimite.org) e nel 2014 ha effettuato un viaggio a Cuba regalandoci un resoconto fotografico puntuale ed avvincente, documentato con foto belle e divertenti e che consiglio a tutti di guardare ed approfondire.
Cuba non è solo spregiudicatezza e puro divertimento ma è anche una terra accogliente che si dimostra attenta nei confronti di fratelli un pò meno fortunati mettendo a disposizione strutture capaci di rendere godibile a tutti un soggiorno sulla propria terra. Godetevi passo dopo passo il diario, seguite attraverso il sito le scorribande di Stefano e le iniziative di Oltrelimite e se conoscete qualcuno che vuole intraprendere un viaggio verso la Isla Grande non esitate ad indirizzarlo nei nostri siti. Troveranno non solo informazioni, curiosità e racconti ma anche amore e passione, ingredienti base per conoscere più intimamente una terra di una bellezza unica e capace di regalare a tutti intense emozioni.
Le foto di questo articolo sono state estrapolate dal "Diario di Viaggio - Cuba accessibile" realizzata da Oltrelimite che potete scaricare a questo link >
Siamo nel 1957. Cuba freme sotto la spinta generosa di giovani ribelli che tentano di demolire con la forza dell’eroismo e delle armi la dittatura di Fulgencio Batista che si era insediato al potere alcuni anni prima grazie ad un colpo di stato militare ed all’appoggio finanziario della mafia italo americana.
Nel settembre di quell’anno alcuni giovani tenteranno di uccidere il dittatore senza però riuscirci. Verranno tutti trucidati. La moglie di Batista strinse allora un patto con Dio: se fosse stata risparmiata la vita al marito avrebbe fatto erigere, come una sorta di ex voto, una enorme statua dedicata a Gesù Cristo ed in tutto simile a quella che sorge sulla collina di Rio de Janeiro in Brasile. La signora Marta Batista darà l’incarico dell’esecuzione dell’opera alla 42enne cubana JilmaMadera, una poliedrica scultrice che già aveva realizzato un monumento a Josè Martì, il Padre della Patria. Per l’opera si volle utilizzare il bianco marmo italiano di Carrara, così venne contattato il valente artista italiano Aldo Buttini già noto per aver realizzato le statue degli Atleti al Foro Italico in Roma e che avrebbe coadiuvato la Madera nell’esecuzione dell’opera stessa.
Questa doveva essere maestosa: collocata sulla collina della Cabaña, alta 20 metri e con un basamento di ulteriori tre metri doveva essere visibile da ogni angolo dell’Avana. La Madera disegnò il volto del Cristo con lineamenti tipicamente tropicali e meticci proprio perché come ebbe lei stessa a dire “Cuba è unamescolanza di razze e di culture”. 100 milioni di lire dell’epoca fu il costo per realizzare quel colosso!La Madeira giunse in Italia, a Carrara, dove venne realizzata la scultura partendo dall’estrazione di ben 600 tonnellate di marmo dalle cave della Scalochiella a Colonnata, in provincia di Massa e Carrara. Uno splendido borgo toscano reso famoso oltre che dalle sue imponenti cave anche dal magnifico "lardo". Per un anno e mezzo, fino all’agosto del 1958, l’artista cubana lavorerà senza sosta alla composizione di un puzzle di blocchi che poi verranno spediti via mare a Cuba.
Nella terra caraibica intanto, l’Eserjito Rebelde di Fidel Castro e Che Guevara si è compattato sulla Sierra Maestra e da li attraverso un’offensiva inarrestabile sta conquistando il territorio metro dopo metro. In Italia in tanto la statua del Cristo viene toccata dalla tragedia. Durante gli ultimi giorni della sua lavorazione muore infatti il giovane figlio di Buttini, Paolo, ed il padre Aldo non reggendo al profondo dolore causato da quella improvvisa perdita lo seguirà solo tre mesi più tardi. Ma i lavori proseguiranno comunque frenetici e la statua, il cui peso si era ridotto a 320 tonnellate, venne imbarcata dal porto di Genova con destinazione l’Avana. Nella foto la Madera è ritratta con Ottavio dell'Amico, proprietario della cava di Carrara (foto web).
Il 3 di settembre del 1958 enormi blocchi di marmo giungono a Cuba. Inizia così la complessa opera di assemblaggio sulla collina della "Cabaña", nel pueblo di Casablanca nel municipio di Regla a più di 50 metri sul livello del mare.
La statua, benedetta in Italia da Papa Pio XII prima della sua partenza, viene inaugurata il 24 dicembre del 1958 ed il giorno dopo, alla presenza di pochi invitati, un poco convinto cardinale Arteaga fu in un certo senso costretto a benedirla da un Batista sempre più bisognoso di consensi politici. Il vento della Revolucion intanto soffiava impetuoso. Per non correre inutili rischi i tecnici italiani arrivati da Genova insieme ai blocchi di marmo partirono in tutta fretta lasciando la sola Madera nella capitale cubana. Pochi giorni dopo, siamo nella notte del 31 di dicembre, Batista fuggirà a Santo Domingo con la sua corte di fedelissimi ed un sostanziosissimo bottino in denaro. L’8 gennaio del 1959 Castro entrerà trionfante all’Avana accolto dall'entusiasmo di una folla sterminata. In quelle ore frenetiche alcuni barbudos pensarono di far saltare quell’imponente statua retaggio della presenza del vecchio dittatore in fuga ma secondo la ricostruzione storica il Comandante, memore forse dei suoi trascorsi giovanili presso i gesuiti, rimase talmente ammirato da quell’opera da imporre che venisse risparmiata.
I Barbudos e il Cristo dell'Avana (foto web)
“Lui è venuto con me. Il Cristo sarà il protettore della rivoluzione e mi porterà fortuna!” pronunciò Fidel in un impeto di orgoglio e fede rivoluzionaria.
Avana; Il Cristo sulla Cabaña (foto web)
Da allora il Cristo benedice e protegge l’Avana. E' la seconda statua per grandezza di tutta l’America Latina dopo il Cristo di Rio de Janeiro e la più grande mai realizzata da una donna. Dalla collina della "Cabaña” il Redentore osserva tutta la baia e l’estendersi armonioso della città. Dal Castillo de la Real Fuerza a quello de la Punta, dalla città coloniale alla cupola del Capitolio, alla maestosità dell'Oceano e a tutto il profilo del Malecon fino ai grandi alberghi del Vedado, l’Havana Libre, il Nacional, l’edificio Focsa. A poca distanza si trova l’imponente Castillo de los tre Reyes del Morro e la Comandancia di Che Guevara. Uno spettacolo imperdibile e di una bellezza commovente! La collina è raggiungibile in pochi minuti con un taxi percorrendo il tunnel che attraversa la baia.
Vi racconto in conclusione due interessanti curiosità. La prima è di natura prettamente artistica: il volto meticcio del Cristo è privo di occhi o per meglio dire l’autrice ha intenzionalmente lasciato degli spazi vuoti come si può chiaramente osservare dalle foto a corredo. Questa scelta ha fatto si che chi lo guarda si senta osservato da ogni angolo di visione.
La seconda è straordinaria: nel 1963 Carrara instaura un rapporto di gemellaggio con Erevan, città armena ricca di storia e cultura. Per sancire questa fratellanza, dopo un lungo viaggio in treno partito dalla toscana, giungeranno in dono alla città amica, due grandi casse contenenti due mani scolpite in marmo bianco della misura di circa 2 metri che altro non sono che la copia delle mani del Cristo dell’Avana. (foto web)
La statua del Cristo visse anche un lungo periodo di abbandono e incuria. Fu colpita più volte dai fulmini la cui forza la ferì gravemente; nell’ottobre del 1962 osservò le navi russe cariche di missili nucleari lasciare la baia e in questi decenni non ha mai smesso di vegliare sulla sua gente. Il 5 gennaio del 2013 dopo un complesso intervento di restauro che le ha restituito la bellezza originale viene nuovamente inaugurata e benedetta dal cardinale dell'Avana Jaime Ortega che dirà che la statua, divenuta simbolo della città, è una grande novità tenendo conto “…del nuovo momento della storia del Paese, così diverso da quello nel quale venne eretta … e la novità sta nel fatto che il Paese, ha davanti a sé una strada che si rinnova ogni volta di più, non solo a livello economico, ma anche in altri ordini, tra i quali la crescente presenza della fede religiosa nella cultura, nella vita e nelle espressione del popolo cubano”, per poi concludere l'omelia con le parole di Jilma Madera secondo cui la statua fu costruita “non per venerare, ma per ricordare il Redentore”.
Sono trascorsi poco più di due anni da allora e profondi cambiamenti sono in atto nell’isola caraibica.
Lo sguardo misericordioso di Cristo sia di stimolo per tutto il popolo cubano, sia quello che vive nell'isola che quello che le vicende storiche hanno costretto ad allontanarsi da essa e possa guarire le ferite di questa diaspora ancora così profonde e dolorose e che tardano a rimarginarsi.
E' l'inizio della favola del gelato che resistette al “Grande freddo”...una vicenda contraddittoria la cui metafora ci aiuta a capire una volta di più lo spirito indomabile dei cubani. Vi racconterò della Gelateria Coppelia che sorge nel quartiere Vedado, tra la trafficata Calle 23 e la calle L, in un ampio spazio occupato nella seconda metà dell'800 da un grande ospedale. Un secolo più tardi si progettò di abbattere l'ormai inefficiente struttura e di sostituirla con un più redditizio albergo che avrebbe avuto secondo i disegni iniziali proporzioni faraoniche. I lavori di demolizione della clinica iniziarono nell'estate del 1958 ma l'ambizioso progetto fu spazzato via dalla ancor più devastante revolucion dei barbudos il cui successo culminò pochi mesi dopo, l'8 gennaio 1959, con l'entrata trionfante all'Avana dell'Ejercito Rebelde guidato da Fidel Castro. Successivamente sorsero in quel luogo prima il Padiglione del Turismo e poi un Centro culturale che venne chiamato Nocturnal. Fu solo nel 1965 che si volle destinare quell'enorme area alla realizzazione della più grande tra le gelaterie latinoamericane.
Un regalo voluto dal governo rivoluzionario per il suo popolo.
Nacque così “Coppelia” una immensa gelateria composta da un grande blocco centrale strutturato su due piani e da cinque gazebo più piccoli e capace di ospitare centinaia di persone alle quali si arrivò ad offrire fino a 54 gusti diversi di un sublime gelato.
La crisi incalzante degli anni successivi trascinò con se anche il ricordo di quelle giornate straordinarie.
La visitai nel lontano 1996, negli anni più duri del periodo “especial”. Non fu difficile trovarla. Lungo la Calle 23, un enorme biscione umano, paziente e chiassoso, conduceva all'ingresso di quello storico locale. Era una giornata caldissima e mi chiesi come tutta quella gente potesse resistere così a lungo esposta a quelle temperature. Pensai che il miglior gelato del mondo non meritasse un tale supplizio! Alcuni giovani che si rinfrescavano dalla calura agitandosi sul volto pezzi di cartone mi indicarono con insistenza un'altra fila da seguire. Era una sorta di scorciatoia parallela al loro percorso, una fila destinata ai soli turisti, molto più rapida ma che si rivelò al finale anche più costosa. Il prezzo di un gelato equivaleva infatti a circa un terzo dello stipendio dell'epoca, tre pesos convertibili (pari a tre dollari) contro i pochi centesimi richiesti ai cittadini cubani.
Una cameriera dall'espressione imbronciata mi servì due palline di acqua congelata in cui si distinguevano a mala pena gli unici due gusti disponibili, la fragola e la cioccolata. Guardando quel surrogato di gelato che velocemente si scioglieva sotto il mio naso riuscii a intendere il senso di quella drammatica attesa.
Quella folla accaldata e paziente stava celebrando un atto di eroica resistenza sorretta da una incorruttibile dignità. Come quando a Playa Giron respinse l'assalto dell'esercito mercenario con armi, badili e forconi.
C'era tutto per andare in scena: il pubblico pagante, gli artisti (i camerieri e i vigilantes), l'attore protagonista (il gelato) e il vecchio e malandato teatro (i padiglioni polverosi tra una vegetazione irrequieta).
Lo spettacolo poteva iniziare! The show must go on!
Capii quel giorno che la cola al “Coppelia” aveva un senso per quella gente perché rappresentava il loro modo di aggrapparsi alla vita, di resistere nonostante tutto anche se il premio riservato a quella snervante attesa era solo il miraggio annacquato di una realtà ferita e tristissima.
Vidi quel giorno la Vita celebrare se stessa. Una Vita sorprendentemente viva che in quel gelato trovava il coraggio e l'energia per andare avanti.
Non sono più tornato al Coppelia. So che oggi che la situazione economica è un po' migliorata sono tornati disponibili molti più gusti, che la coda continua a scivolare via instancabile e i turisti a pagare di più. Ho mangiato nel frattempo mastelle di favoloso gelato italiano. Ma il ricordo di quel fresa y chocolate, consumato in un caldo pomeriggio avanero, lo porto ancora nel cuore.
Al chopin con la guagua? Ma che razza di lingua è? Forse quella dei marziani?
Niente di tutto questo! A Cuba come noto la lingua ufficiale è lo spagnolo, più precisamente il castigliano, ma per le strade esiste un linguaggio parallelo, uno slang molto particolare, fatto di parole inventate e di adattamenti di vocaboli prevalentemente di origine inglese. Una girandola di termini onomatopeici bizzarri e divertenti.
Quando parliamo di Chopin, che nell'isola pronunciano ciòpin, non ci riferiamo al grande musicista franco-polacco, ma al negozio che in spagnolo si dice tienda. Mi fermo... faccio un po' di chiarezza: con un briciolo di fantasia si può intuire come la parola derivi dalla storpiatura del termine inglese "to shopping", letteralmente andare a fare acquisti. Ecco che andare al negozio diventa andare al chopin.
Non male mi sembra!
Chi si è recato a Cuba anche solo per qualche giorno avrà sentito sicuramente pronunciare per le strade assolate la parola Guagua (si pronuncia uaua) il cui suono trovo simpaticissimo. Con questo vocabolo i cubani chiamano l'autobus. Esiste anche una versione più familiare, guaguita (uauita), che viene usata per definire un mezzo più piccolo, un pulmino.
Qual'è l'origine di questa buffa definizione? Esistono, per così dire, due scuole di pensiero: una che la vuole come diretta discendente della parola inglese wagon, usata già a metà dell'800 per identificare quei carri trainati da cavalli che trasportavano persone e merci e che abbiamo imparato a conoscere nei film western con John Wayne. L'altra versione, probabilmente la più attendibile, la vuole un adattamento del marchio della società statunitense che per prima esportò autobus a Cuba.
La Wa & Wa co.inc., Washington e Walton Company Incorporated, la cui livrea, con i colori della bandiera nordamericana, faceva bella mostra di se sulle fiancate dei bus.
Ecco che dalla pronuncia ua end ua si è passati ad una più afrocubana e morbida guagua!
Infine altre due curiosità: il termine guagua è utilizzato oggigiorno in tutti i paesi caraibici ma stranamente anche nel lontano arcipelago delle Canarie. Inoltre esiste una parola della lingua quechua, quella parlata dagli antichi Incas ed attualmente da diversi milioni di indios che abitano i rilievi andini di Perù, Cile, Ecuador, Bolivia, Colombia ed Ecuador che si scrive e si pronuncia esattamente guagua e che vuol dire bambino perché il suo suono ricorda proprio il pianto del neonato. Ho fatto un bel cocktail di lingue, storia e curiosità. Andrò a scovare altri termini divertenti! Ovviamente chi conoscesse altre stranezze è invitato a segnalarle.
Adesso vi lascio. Corro al ciòpin prima che chiuda!
Non si può parlare di Cuba senza parlare del suo oro liquido il Ruhm e non si può parlare del Ron, come si pronuncia in castigliano, senza parlare di colui che ha contribuito in maniera determinante alla sua notorietà ed alla sua affermazione nei bar e ristoranti di tutto il mondo: il grande scrittore statunitense Ernest "Papa" Hemingway, premio Nobel per la letteratura del 1954 con il romanzo “Il vecchio e il mare” scritto proprio a Cuba dove visse, tra il 1939 ed il 1960, lunghi periodi della sua breve e tormentata esistenza.
E' singolare come alcune situazioni si rincorrano e si richiamino continuamente e si mescolino come all'interno di uno shaker della storia!
Foto fonte: Ristorante la Caribeña, via S.Allende 56 - Ravenna
Cuba è sole, mare, venti impetuosi, sensualità, musica e...Ron! Sull'isola vengono prodotti distillati di grandissima qualità. Alcuni sono molto conosciuti anche oltre oceano, altri si possono trovare solo curiosando tra i consumati banconi di legno di vecchi bar. Ogni volta si tratta di una scoperta nuova e sorprendente e si ha sempre la sensazione di essersi perso qualcosa fino a quel momento! Non ci sono soltanto i noti Havana Club o il Matusalem, ma anche il Santiago, il Ron Mulata, il Varadero, il Santero, la Guayabita di Pinar del Rio. Il Bacardi, anch'esso di origini cubane, è difficilmente reperibile, poichè la casa produttrice si trasferì a Puerto Rico dopo l'arrivo dei Barbudos all'Avana. Una autentica colata di sapori e colori. La sangre caliente che scorre nelle vene di una intera isola!
In molti pensano erroneamente che l'origine del nome di uno dei cocktail di origine cubana più famosi al mondo sia collegato ai successi della Revolucion castrista del 1959. Una sorta di urlo di vittoria e conquista: Que viva Cuba libre, viva Cuba libera!
In realtà dobbiamo tornare indietro di circa sessant'anni, tra il 1900 ed il 1902, quando il cocktail venne alla luce per celebrare la fine della guerra ispano-americana e la conquista dell'indipendenza di Cuba dalla monarchia spagnola. Gli Stati Uniti intervennero furbescamente alla fine di una contesa che durava da lungo tempo tra i patrioti cubani e la potenza colonizzatrice spagnola accaparrandosi così, con una spallata definitiva, il merito del successo finale.
Il Cuba libre, ottenuto dalla miscela tra la Coca Cola americana ed il Ron cubano, volle celebrare appunto l'unione simbolica dei due popoli e delle due nazioni.
Ultima curiosita: il Cuba libre viene servito con l'aggiunta di una fettina di limone o se si dispone di lime. Senza l'agrume si ottiene più semplicemente il coca-ruhm. Due cocktail simili ma diversi come le tante storie su questa vicenda...