La favola del gelato che sfidò la Guerra Fredda
C'era una volta una gelateria...e c'è ancora!
E' l'inizio della favola del gelato che resistette al “Grande freddo”...una vicenda contraddittoria la cui metafora ci aiuta a capire una volta di più lo spirito indomabile dei cubani. Vi racconterò della Gelateria Coppelia che sorge nel quartiere Vedado, tra la trafficata Calle 23 e la calle L, in un ampio spazio occupato nella seconda metà dell'800 da un grande ospedale. Un secolo più tardi si progettò di abbattere l'ormai inefficiente struttura e di sostituirla con un più redditizio albergo che avrebbe avuto secondo i disegni iniziali proporzioni faraoniche. I lavori di demolizione della clinica iniziarono nell'estate del 1958 ma l'ambizioso progetto fu spazzato via dalla ancor più devastante revolucion dei barbudos il cui successo culminò pochi mesi dopo, l'8 gennaio 1959, con l'entrata trionfante all'Avana dell'Ejercito Rebelde guidato da Fidel Castro. Successivamente sorsero in quel luogo prima il Padiglione del Turismo e poi un Centro culturale che venne chiamato Nocturnal. Fu solo nel 1965 che si volle destinare quell'enorme area alla realizzazione della più grande tra le gelaterie latinoamericane.
Un regalo voluto dal governo rivoluzionario per il suo popolo.
Nacque così “Coppelia” una immensa gelateria composta da un grande blocco centrale strutturato su due piani e da cinque gazebo più piccoli e capace di ospitare centinaia di persone alle quali si arrivò ad offrire fino a 54 gusti diversi di un sublime gelato.
La crisi incalzante degli anni successivi trascinò con se anche il ricordo di quelle giornate straordinarie.
La visitai nel lontano 1996, negli anni più duri del periodo “especial”. Non fu difficile trovarla. Lungo la Calle 23, un enorme biscione umano, paziente e chiassoso, conduceva all'ingresso di quello storico locale. Era una giornata caldissima e mi chiesi come tutta quella gente potesse resistere così a lungo esposta a quelle temperature. Pensai che il miglior gelato del mondo non meritasse un tale supplizio! Alcuni giovani che si rinfrescavano dalla calura agitandosi sul volto pezzi di cartone mi indicarono con insistenza un'altra fila da seguire. Era una sorta di scorciatoia parallela al loro percorso, una fila destinata ai soli turisti, molto più rapida ma che si rivelò al finale anche più costosa. Il prezzo di un gelato equivaleva infatti a circa un terzo dello stipendio dell'epoca, tre pesos convertibili (pari a tre dollari) contro i pochi centesimi richiesti ai cittadini cubani.
Una cameriera dall'espressione imbronciata mi servì due palline di acqua congelata in cui si distinguevano a mala pena gli unici due gusti disponibili, la fragola e la cioccolata. Guardando quel surrogato di gelato che velocemente si scioglieva sotto il mio naso riuscii a intendere il senso di quella drammatica attesa.
Quella folla accaldata e paziente stava celebrando un atto di eroica resistenza sorretta da una incorruttibile dignità. Come quando a Playa Giron respinse l'assalto dell'esercito mercenario con armi, badili e forconi.
C'era tutto per andare in scena: il pubblico pagante, gli artisti (i camerieri e i vigilantes), l'attore protagonista (il gelato) e il vecchio e malandato teatro (i padiglioni polverosi tra una vegetazione irrequieta).
Lo spettacolo poteva iniziare! The show must go on!
Capii quel giorno che la cola al “Coppelia” aveva un senso per quella gente perché rappresentava il loro modo di aggrapparsi alla vita, di resistere nonostante tutto anche se il premio riservato a quella snervante attesa era solo il miraggio annacquato di una realtà ferita e tristissima.
Vidi quel giorno la Vita celebrare se stessa. Una Vita sorprendentemente viva che in quel gelato trovava il coraggio e l'energia per andare avanti.
Non sono più tornato al Coppelia. So che oggi che la situazione economica è un po' migliorata sono tornati disponibili molti più gusti, che la coda continua a scivolare via instancabile e i turisti a pagare di più. Ho mangiato nel frattempo mastelle di favoloso gelato italiano. Ma il ricordo di quel fresa y chocolate, consumato in un caldo pomeriggio avanero, lo porto ancora nel cuore.
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